Province diseguali, democrazia fragile: come la disuguaglianza subnazionale mina le istituzioni democratiche dell’Argentina
In Argentina la disuguaglianza non è soltanto economica: si manifesta anche tra le diverse province, influenzando la distribuzione del potere politico e indebolendo la democrazia dall’interno. Mentre gli indicatori nazionali suggeriscono livelli moderati di disuguaglianza, la realtà a livello locale racconta un’altra storia: quella di profonde disparità territoriali che alimentano squilibri politici ed erodono le istituzioni democratiche.
L’Argentina, come molti Paesi dell’America Latina, è un sistema federale. Ogni provincia opera con un certo grado di autonomia, anche in materia di spesa pubblica e imposizione fiscale. Questa struttura ha prodotto significative disuguaglianze territoriali: alcune province sono economicamente dinamiche e diversificate, mentre altre dipendono fortemente dai trasferimenti nazionali e si reggono su settori a bassa produttività.
Sebbene la disuguaglianza di reddito aggregata abbia registrato una diminuzione costante negli ultimi decenni, la realtà subnazionale appare diversa dagli indicatori nazionali.
Grafico 1 – Disuguaglianza aggregata in Argentina

Per esempio, La Pampa mostra una disuguaglianza di reddito superiore alla media a causa della limitata attività del settore privato e di un’economia locale segnata da una forte presenza dello Stato e da settori agricoli con basso assorbimento di lavoro. In modo analogo, l’economia della Tierra del Fuego combina attività industriale con pesca a bassa intensità e beneficia di regimi fiscali speciali che concentrano la ricchezza in pochi gruppi societari.
Grafico 2 – Mappa del calore sulla disuguaglianza subnazionale

Queste differenze non sono semplici curiosità economiche: incidono direttamente sul panorama politico. In molte province i governatori ricevono generosi trasferimenti federali e li utilizzano per consolidare il proprio potere, spesso senza necessità di un ampio sostegno popolare né di garantire servizi pubblici di qualità. Tali dinamiche richiamano ciò che gli scienziati politici definiscono “stati renditieri” (rentier states): regimi sostenuti non dalle imposte derivanti da un’economia produttiva, ma da rendite – in questo caso, i trasferimenti fiscali. Questo sistema riduce gli incentivi dei governatori a rendere conto o a rispondere ai propri elettori. Inoltre, province caratterizzate da forte disuguaglianza e da economie con basso tasso di occupazione non generano soltanto disoccupazione, ma anche profondi divari nella qualità della vita dei cittadini, spingendoli a dubitare che la democrazia possa colmare, o almeno ridurre, la distanza tra ricchi e poveri.
Foto credits: ANDY ABIR ALAN, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons
Versione originale dell’articolo