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L’Argentina sotto la lente della povertà

Intervista a Emilio Garcia Mendez e a Daniel Rabanal

Sacchi Maurizio

Mentre Javier Milei supera i primi 110 giorni come Presidente dell’Argentina, gli effetti della sua politica cominciano a farsi sentire. Il livello di povertà in Argentina ha raggiunto il 57,4% a gennaio, il più alto da almeno 20 anni, secondo un rapporto dell’Università Cattolica Argentina (UCA) citato dai media locali.

Secondo il rapporto, la svalutazione del peso effettuata dal presidente poco dopo il suo insediamento all’inizio di dicembre – e l’aumento dei prezzi che ne è derivato – ha esacerbato i livelli di povertà, che già avevano chiuso l’anno al 49,5%. Altre misure hanno incluso la riduzione dei sussidi per l’energia e i trasporti e l’aumento delle tasse per raggiungere l’equilibrio fiscale.

Dopo il licenziamento di 15mila impiegati del settore pubblico, una drastica svalutazione del peso, e un’inflazione che ha ulteriormente accelerato, raggiungendo la cifra monstre del 250%, le misure annunciate, tra cui spicca un taglio brusco della sanità pubblica, e dell’istruzione statale, preludono a un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita per le classi sociali più disagiate. La forbice fra la fascia di cittadini più agiata e la maggioranza del popolo del Paese australe sembra così destinata ad allargarsi ulteriormente. Un Paese ricco di risorse affronta la prospettiva di vedere più della metà dei suoi abitanti vivere nella miseria.

Per avere una idea di come il Paese stia sentendo questo brusco cambio di rotta, abbiamo intervistato due personalità della società argentina, che vivono e lavorano a Buenos Aires.

Emilio Garcia Mendez, Buenos Aires 1950, è stato ricercatore presso l’Istituto interregionale di ricerca sul crimine e la giustizia delle Nazioni Unite (UNICRI) a Roma. È fondatore dei progetti Pibes Unidos (Argentina) e Gurises Unidos (Uruguay). Dal 1993 al 2000 consulente dell’Area diritti dell’infanzia dell’Ufficio regionale dell’UNICEF per l’America Latina e i Caraibi. È professore di Criminologia presso la Facoltà di Psicologia dell’Università di Buenos Aires e consulente per diverse organizzazioni internazionali. Tra il 2005 e il 2009 è stato deputato nazionale per la Solidarietà e l’Uguaglianza. Attualmente è presidente della Fundación Sur Argentina. È autore di numerosi libri, tra cui Infancia y democracia en la Argentina. La questione della responsabilità penale degli adolescenti (2004), Los derechos de la infancia entre el tutelarismo y la política (2015) e Historia y futuro de la cuestión penal juvenil (2019).

La prima domanda riguarda la situazione dell’Argentina dopo l’insediamento di Milei. Che impatto sta avendo nella vita degli argentini? E qual è la tua opinione su questo?

La seconda domanda é: quali sono stati i fattori importanti nell’opinione pubblica argentina che hanno portato alla vittoria elettorale di Milei?

Infine, sulla base della sua esperienza, che cosa ci si può aspettare nei prossimi anni da questo governo? In che misura riuscirà Milei nei suoi piani economici e sociali? Con quali effetti sulla società dell’Argentina?

  1. Un governo che avrebbe dovuto iniziare con una riorganizzazione della vita sociale ed economica sembra creare l’effetto opposto. In pratica, l’erraticità delle decisioni, il disprezzo per le regole del gioco (non potendo concordare sui contenuti, concordiamo sulle procedure) derivato dall’esplicito disinteresse per il consenso, sta paradossalmente producendo un aumento di tutti i mali a cui il discorso dichiarato del governo afferma di voler porre rimedio. Finora tutte le riforme stabilite, ossessivamente e quasi pretestuosamente finalizzate all’eliminazione del deficit fiscale, sembrano non essere sostenibili. Solo il capitale finanziario più speculativo e a breve termine sembra essere pienamente d’accordo con esse.
  2. Poche cose mi sembrano più chiare dei fattori che hanno portato alla schiacciante vittoria elettorale di Milei. Il saccheggio e la distruzione sistematica dello Stato da parte dei vari governi kirchneristi è stata probabilmente la causa più decisiva del trionfo elettorale di Milei. Nessun altro fattore è stato più decisivo di quest’ultimo, non solo nella sconfitta elettorale del kirchnerismo, ma anche nel mantenimento degli alti livelli di consenso del governo. La distruzione dello Stato da parte di un governo (quello di Kirchner) che ha fatto della sua difesa idolatrica la sua ragion d’essere, ha dato e continuerà a dare, non si sa per quanto tempo ancora, legittimità all'”aggiustamento più rapido e profondo che sia stato realizzato finora nella storia dell’umanità” (secondo le parole dello stesso Milei) …
  3. Ciò che ci si aspetta nel prossimo periodo è il più profondo dei misteri. Pedro Malan (ministro dell’Economia di Fernando Henrique Cardoso) diceva che nel nostro continente nemmeno il passato è prevedibile. Il futuro lo è ancora di più. Tra le poche certezze del futuro, una sarà l’aumento del conflitto sociale. Che sia più o meno spontaneo o provocato, sia dal governo sia da un’opposizione che è ancora lontana dall’essersi non solo consolidata ma anche dall’aver raggiunto limiti più o meno precisi. Quanti degli oppositori di oggi saranno decisivi sostenitori del governo nel prossimo futuro e viceversa.

Abbiamo rivolto le stesse domande a Daniel Rabanal vignettista politico e illustratore argentino. Nel 1976 fu arrestato, come militante Montonero, e ha trascorso nove anni in carcere durante la dittatura militare. Alla caduta della giunta si trasferì in Colombia, dove si affermò come vignettista politico e autore di libri illustrati. Tornato a Buenos Aires, continua la sua attività. Attualmente sta lavorando a una graphic novel sulla Guerra dei mille giorni, durante la quale la Colombia si vide sottrarre Panama, a causa degli interessi degli USA sulla zona del futuro canale.

  1. L’impatto che il governo di Milei sta avendo sulla vita degli argentini, o meglio, sulla vita della stragrande maggioranza degli argentini, è devastante. Svalutazione del peso del 120%, inflazione del 75% in tre mesi, sospensione dei lavori pubblici in tutto il Paese, aumento delle tariffe del gas, dell’energia, dell’acqua e dei trasporti di circa il 500% in media, licenziamenti massicci nello Stato e anche nel settore privato, riduzione dell’istruzione pubblica a tutti i livelli, riduzione e chiusura di importanti organizzazioni culturali e scientifiche, deregolamentazione di tutti i controlli sui prezzi e libertà assoluta per le grandi imprese. È chiaro che il quadro non potrebbe essere più fosco. Tutto questo senza considerare le linee guida della politica estera, che indicano gli Stati Uniti e Israele come principali alleati dell’Argentina con un discorso che ricorda i peggiori anni della Guerra Fredda.

Potrei continuare ad elencare a lungo le assurdità di un governo che evidentemente si preoccupa poco della popolazione (tra le altre delicatezze, ha lasciato migliaia di pazienti senza farmaci antitumorali mentre è in corso un “audit” sull’acquisto di questi medicinali da parte dello Stato), ma devo sottolineare un aspetto fondamentale e sorprendente: Milei ha annunciato proprio che avrebbe fatto tutto questo durante la campagna elettorale, e così ha vinto il ballottaggio con il 56% dei voti e oggi mantiene un indice di gradimento del 50% nei sondaggi.

2. I fattori che hanno portato alla vittoria di Milei non mi sembrano un fenomeno esclusivo dell’Argentina, ma qualcosa che si sta replicando su scala globale. Da un lato, il fallimento della “sinistra”, dei “centri”, delle “socialdemocrazie” o del progressismo in generale nel soddisfare le richieste e i bisogni del popolo. Non hanno saputo, non hanno saputo o non hanno voluto interpretare queste richieste alla luce dei profondi cambiamenti culturali promossi dalla rivoluzione digitale. Milei, come tanti altri, ha basato la sua campagna elettorale sui social network, sulle immagini e sugli slogan, e continua a farlo anche al governo. Poi, l’altro fattore che spiegherebbe questo fenomeno è quello che considero una vittoria schiacciante del capitalismo finanziario nel campo della cultura globale. Il precedente governo peronista è stato un pessimo governo (è finito con un’inflazione del 210%), ma questo da solo non potrebbe spiegare un tale salto nel vuoto dell’elettorato, che per di più è in gran parte giovane. Milei, con il suo aspetto stralunato e le sue frasi vuote e deliranti, ha conquistato questo elettorato promettendo loro che in 35 anni saremmo stati come l’Irlanda…

3.  Cosa possiamo aspettarci da questo governo? Dal mio punto di vista, niente di buono. Milei riuscirà nei suoi piani? È quasi impossibile saperlo, io tendo a pensare di no, ma è tutto molto sconcertante. L’opposizione politica è disorientata, il peronismo non risponde, i sindacati discutono di piani di lotta che non si concretizzano, gli studenti (con il rischio di chiusura delle università nella prossima legislatura) come se nulla fosse.  Pensavamo che a marzo o ad aprile tutto questo sarebbe esploso, che la gente non avrebbe sopportato questo aggiustamento, ma marzo è passato, aprile sta passando e il governo ha un indice di gradimento del 50%. Sto ancora aspettando che tutto esploda, ma probabilmente non so nemmeno io come interpretare le richieste della gente”.

Un quadro preoccupante emerge dalle parole di Garcia Mendez e Rabanal. Eppure il Fondo monetario internazionale sta sostenendo con forza il progetto Milei, come mettono in evidenza le parole della direttrice delle comunicazioni del Fmi, Julie Kozack, secondo la quale   i progressi compiuti finora sono “impressionanti”, anche se “la strada verso la stabilizzazione non è mai facile” (e) “richiede una ferma attuazione delle politiche”. Costi quel che costi.