Giordania Opinioni Punti di vista

Il percorso di una donna nella sostenibilità marina ad Aqaba

Ghazi Hala

La costa del Mar Rosso ad Aqaba non è solo un confine geografico: è un ecosistema vivente, una fonte di sostentamento e, per me, un palcoscenico di crescita personale e professionale. Il mio lavoro sulla localizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) 13 e 14, incentrati rispettivamente sull’azione per il clima e sulla vita sott’acqua, è stato profondamente influenzato da approcci scientifici e dalla mia esperienza vissuta come donna alle prese con le sfide del coinvolgimento comunitario e della governance marina. Tra il 2020 e il 2025, la Riserva Marina di Aqaba (Aqaba Marine Reserve, AMR) ha attraversato una trasformazione significativa, dalla ristrutturazione della governance al ripristino delle barriere coralline. In quanto persona coinvolta nell’osservare e nel partecipare a questi cambiamenti, ho avuto un posto in prima fila per vedere come politiche, natura e persone si intersecano, talvolta in modo armonioso, ma spesso con tensioni evidenti.

Ascoltare le dinamiche comunitarie e di genere

Una mattina, appena dopo l’alba, sono scesa alla South Beach Marina sperando, nuovamente, di entrare in contatto con un gruppo di pescatori che avevo incontrato brevemente il giorno prima. Stavano preparando le reti, bevendo tè e scherzando a bassa voce, finché non mi hanno notata. Ho sorriso e chiesto se potevo sedermi un po’. Un anziano, Abu Hamzah, capelli grigi e pelle segnata dal sole e dal mare, ha fatto un cenno verso una cassetta rovesciata.

Ha iniziato a parlare, non di cambiamenti climatici o di OSS, ma della sua vita. Dei coralli che un tempo brillavano di colori “come un dipinto”, dei pesci che un tempo erano numerosi, e di suo nipote che ora lavora in un resort turistico e “non si cura più della pesca”. Ha sospirato, ha guardato il mare e ha detto qualcosa che non dimenticherò:

«Voi, con la vostra scienza… andate e venite. Ma noi restiamo. Quindi non studiate solo la barriera corallina. Studiate noi». Le sue parole mi hanno colpita profondamente. Ero stata così concentrata sugli indicatori di salute della barriera corallina, sulle tendenze di temperatura e sui quadri di conservazione, ma in quel momento ho capito il tassello mancante: le persone. Da quel giorno, la lente della mia ricerca si è ampliata. Ho iniziato a vedere i cambiamenti climatici non solo come una crisi naturale, ma anche sociale. Ho cominciato a collegare le lacune delle politiche alle storie umane e ho portato con me le parole di Abu Hamzah come una bussola.

Innovazioni di governance corroborate dal lavoro sul campo

La mia esperienza si è allineata, e a tratti ha messo alla prova, le riforme istituzionali nell’ambito dell’AMR. L’istituzione, all’interno dell’ASEZA (Autorità della Zona Economica Speciale di Aqaba), di una Direzione di gestione della Riserva Marina (Marine Reserve Management Directorate, MRMD) semi-autonoma è stata un passo encomiabile verso una governance marina più snella. Progressi giuridici come il Regolamento della Riserva Marina di Aqaba (Aqaba Marine Reserve Bylaw, 2022), affiancato dal Piano di gestione e dal Piano di zonizzazione, e il Regolamento per la gestione della zona costiera (Coastal Zone Management Bylaw, 2024) hanno mostrato una chiara intenzione di bilanciare conservazione e sviluppo.

Tuttavia, questi avanzamenti legislativi che costituiscono le fondamenta necessitano ancora di revisioni regolari, aggiornamenti e di essere effettivamente fatti propri e attuati. Ho osservato che i meccanismi partecipativi, come il Comitato di gestione dell’AMR e il Comitato consultivo degli stakeholder, erano utili ma richiedevano un maggior impegno ufficiale da parte dei promotori e probabilmente anche un intervento sul Regolamento dell’AMR per guadagnare meglio la fiducia della comunità e un coinvolgimento reale. Ciò sottolinea la necessità che le politiche camminino accanto alle persone, non davanti a loro.

La scienza in azione: restauro, monitoraggio e innovazione

La componente scientifica della gestione dell’AMR ha arricchito profondamente il mio lavoro. Ho osservato valutazioni dello stato di salute della barriera corallina condotte con metodi standardizzati e ho esaminato progetti pilota di riabilitazione dei coralli che riportavano tassi di sopravvivenza fino al 70%, un segnale di successo in questo ecosistema fragile. Sono programmati e sono in fase di realizzazione metodi di restauro moderni come la micro-frammentazione e la stampa 3D delle piastrelle coralline.

Ma i dati, da soli, non raccontavano tutta la storia. Ho visto come giovani, soprattutto donne, si impegnassero nell’ecoturismo e nel monitoraggio della barriera corallina come nuovo percorso di sostentamento. Questa combinazione di scienza ecologica ed empowerment sociale rispecchiava i doppi obiettivi di resilienza e inclusione richiesti dagli OSS 13 e 14.

Riunione su una barca dal fondo di vetro con il Consiglio direttivo della Aqaba Touristic Glass Bottom Boats Society per finalizzare e chiarire una proposta per piccoli contributi della Global Environment Facility (GEF) a sostegno della riduzione dell’inquinamento da idrocarburi e delle emissioni di gas serra.

Sfide e margini di miglioramento

Ho visto progressi significativi e segnali promettenti: il monitoraggio con droni che migliora l’azione di controllo; le infrastrutture presso il Visitor Centre dell’AMR; boe di segnalazione installate nelle diverse zone dell’AMR; l’istituzione di un database contenente i risultati del monitoraggio ambientale, non ancora accessibile pubblicamente; l’accreditamento nella Green List dell’IUCN; il completamento della domanda di candidatura a Sito del Patrimonio Naturale UNESCO; membri della comunità e associazioni ispirati dall’esempio del progetto MED4EBM, che esprimono una forte volontà di dare una mano e coinvolgersi nell’attuazione dei progetti. Tuttavia, ho riscontrato alcune lacune che aprono finestre di opportunità per migliorare: sovrapposizione di mandati; necessità di un migliore equilibrio tra le risorse dei progetti (in termini di numero e finanziamenti) e gli impatti/opportunità per le comunità locali; considerazione insufficiente delle salvaguardie ambientali e sociali e della trasparenza nell’attuazione dei progetti; limitata diversificazione dei soggetti attuatori; restrizioni all’accesso a informazioni e dati; limitazioni di accesso e episodi di mancata conformità da parte di segmenti della comunità impattata.

Orientamento e ispirazione: il ruolo del mentorship

In questo percorso non ero sola. Una delle figure più ispiratrici che hanno plasmato la mia prospettiva e incoraggiato il mio lavoro è stata il dott. Mohammad Badran. In qualità di mentore e modello, ha mostrato come la scienza possa essere incentrata sulle persone e come l’azione ambientale debba iniziare dall’empowerment delle comunità locali. La sua dedizione a integrare le voci della comunità nella governance ambientale non è stata solo ammirevole: è stata trasformativa.
Il dott. Badran è stato tra i primi a coinvolgere attivamente gli abitanti di Aqaba nella tutela ambientale. Credeva che la sostenibilità cominci quando le persone si sentono incluse, rispettate e ascoltate. Il suo esempio mi ha insegnato che una leadership efficace non consiste nel parlare più forte, ma nell’ascoltare più a fondo. In molti modi, la sua visione continua a guidarmi, ricordandomi che il cambiamento reale nasce dalla collaborazione, non dal controllo.

Conclusione: ciò che il mare mi ha insegnato

La gestione della zona costiera, e in particolare la Riserva Marina di Aqaba, è diventata più sofisticata, ma anche più stratificata. Localizzare gli OSS/SDG 13 e 14 nella conservazione marina non riguarda solo gli habitat naturali, ma anche le relazioni. Si tratta di progettare soluzioni di proprietà locale, socialmente eque e scientificamente solide. Il mio viaggio attraverso la trasformazione marina di Aqaba è stato al tempo stesso accademico e profondamente personale. Sono determinata a portare con me,  nel mio percorso di crescita professionale, non solo le lezioni apprese sullo sbiancamento dei coralli o sulle politiche di zonizzazione, ma anche le voci di tutte le persone i cui mezzi di sussistenza dipendono dagli ecosistemi costieri, la curiosità dei giovani in formazione e la forza silenziosa che ho scoperto in me stessa e nei giovani colleghi con cui ho condiviso questa esperienza.

Ho imparato a sentire il peso e l’orgoglio di rappresentare me stessa non solo come professionista, ma anche come donna. Cerco di bilanciare costantemente il sapere tecnico scientifico con l’intelligenza emotiva, soprattutto quando incontro delle resistenze. Questi momenti contribuiscono in modo significativo a plasmare la mia fiducia e a costruire la mia resilienza. Questa esperienza conferma che essere donna impegnata nella sostenibilità non è un limite. È una lente che vede insieme ecosistemi e persone, scienza e narrazione. Al mare non servono solo scienziati: servono paladini della scienza, e io sono determinata a esserlo con orgoglio.

 

Versione originale dell’articolo

 

Foto Credits: Ghazi Hala

In copertina: orientalizing, Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic. Attraverso Flickr