Effetti del nuovo corso statunitense sulle Scam City in Asia
Una guerra serrata al fenomeno delle cyber-truffe telefoniche, che hanno il loro cuore nel Sudest asiatico e producono svariati miliardi l’anno di profitto alle mafie, si è scatenata quando la Cina, la prima vittima di questa attività truffaldina in rete, ha ottenuto da Thailandia, Myanmar, Laos e Cambogia una meno tiepida attenzione a un fenomeno che ha i suoi centri di diffusione via Internet lungo i confini di questi Stati. A furia di battere pugni sul tavolo, Pechino ha ottenuto che la Cambogia e il Laos facessero più incursioni in questi scam center lungo i loro confini e che Bangkok tagliasse quest’anno elettricità e Rete alle “Scam City”, i centri birmani di questa attività mafiosa sorti lungo la sua frontiera e protetti sia dalla giunta militare golpista sia da milizie private Karen, la comunità dominante in un’area che estende i suoi confini a cavallo di Thailandia e Myanmar.
Ma è una vicenda di paradossi. Il primo è che i maggior alleati della Cina nella guerra alle mafie, in gran parte cinesi, che operano anche lungo i suoi confini, sono i suoi nemici per antonomasia: gli Stati Uniti. Che attraverso l’Usip (United States Institute of Peace) hanno studiato e gettato luce su questo fenomeno recente ma ormai globale di “modernità criminale”. Il secondo paradosso è che la coppia Trump-Musk ha ridimensionato questa creatura del Congresso (nata per volere di Ronald Reagan nel 1984) che aveva una delle sue branche più efficaci proprio nel Sudest asiatico nei suoi uffici di Bangkok.
Uno dei personaggi più autorevoli in fatto di Scam Cities è infatti statunitense e si chiama Jason Tower. È lui che si è occupato di queste realtà urbane sorte durante il Covid-19 e che si distinguono per la crescita di centinaia di compound, edifici sigillati come prigioni guardate a vista da scherani armati dove, secondo l’Onu, lavorano oltre 200mila cyber-schiavi (per Pechino sarebbero 300mila). Sono giovani informatici, arruolati nelle cyber-truffe spesso contro la loro volontà, che passano metà della loro giornata al telefono o al pc imbrogliando vecchi pensionati o giovani rampanti convincendoli a investire in cripto valute. La ricostruzione della vita di questi schiavi, di cui circa 7mila sono appena stati liberati dalle autorità birmane su pressione cinese, confermano molte delle ipotesi che proprio Usip aveva fatto basandosi su ricerche approfondite e sulle prime rare testimonianze di “scammer” scappati dai centri. Per chi si occupa del fenomeno, il nome di Jason Tower ricorre di continuo: è un brillante esperto di conflitti che dirige il Burma Program, programma di punta di Usip che studia anche la relazioni tra conflitti e criminalità e provvede al training di alcuni dei 150mila “mediatori di conflitti e attori della sicurezza che guidano o partecipano ai negoziati di pace e alla conclusione di accordi in Paesi strategici”, come spiega una nota dell’Istituto.
A quanto si sa, il ruolo di Tower sarebbe stato confermato ma staff e collaboratori avrebbero subito la mannaia Trump-Musk tanto che ormai il sito dell’Usip è offline e, impedendo l’accesso, un messaggio minaccioso ti avverte che “Spiacenti, sei stato bloccato”. Tutto l’archivio di Usip è scomparso e così le preziose ricerche di Tower e del suo team. Il problema è che Usip non è un’agenzia (come la Cia per esempio) ed è quindi sostanzialmente indipendente proprio per il ruolo delicato che svolge. Posizione che forse le ha nuociuto. Ma non è finita qui.
Con il congelamento anche di Usaid, l’Agenzia per lo sviluppo del governo statunitense, praticamente tutti i rubinetti rivolti verso la Birmania (e non solo ovviamente) sono stati chiusi. Ciò riguarda eminentemente il settore umanitario ma anche l’aiuto indiretto alla Resistenza birmana che si oppone al golpe militare del 2021 che ha destituito il governo democratico di Aung San Suu Kyi. Aiuto indiretto significa in sostanza cercare di far arrivare cibo o medicinali nelle aree di conflitto. Un lavoro che, parallelamente al training degli operatori sostenuti da Usip, si traduceva in un aiuto a chi si oppone al sanguinario regime di Naypyidaw. Gli Stati Uniti sono uno dei maggiori donatori mondiali in Asia e il loro ruolo si chiarisce bene leggendo uno degli ultimi comunicati dell’ambasciata Usa in Birmania su Usaid: la data è 25 ottobre 2024, prima della mannaia che ha congelato Usaid in febbraio. «Questi fondi – dice la nota – portano l’assistenza umanitaria totale Usa per le persone vulnerabili in Myanmar a quasi 141 milioni di dollari dall’inizio dell’ultimo anno fiscale per sostenere le comunità colpite da conflitto, sfollamento, crescente insicurezza alimentare». Tra l’altro, nel 2024, Washington aveva autorizzato stanziamenti annuali per il periodo 2023-2027, con 121 milioni di dollari destinati all’anno fiscale 2024, per sostenere gruppi pro-democrazia e per fornire assistenza umanitaria a un Paese in cui, dal 2001, gli Usa hanno garantito quasi 240 milioni di dollari, di cui la metà destinati a solo settore umanitario.
Queste misure sono state accompagnate, in quello che la stampa statunitense ha definito un “Bloody Saturday”, dal decreto presidenziale di venerdi 14 marzo che ha sospeso le attività di sostegno alla democrazia della US Agency for Global Media. Così il giorno successivo gli impiegati dell’emittente storica Voice of America si sono visti le porte degli uffici sbarrate. E con loro Radio Free Europe, Radio Free Asia e molte altre. Spesso criticate per essere in parte anche la “voce del padrone”, queste emittenti hanno avuto – e hanno – un ruolo fondamentale nel controbattere le false notizie di questo o quel regime. Quello birmano era ovviamente nella lista. Ora non più.
I rischi per i gruppi pro democrazia potrebbero inoltre aumentare visto che Starlink – una costellazione di satelliti della SpaceX, azienda fondata da Elon Musk per l’accesso a internet in banda larga a bassa latenza – potrebbe essere sottoposta a restrizioni in quanto usata sia dalla Resistenza sia dagli scam center. «Nella repressione dei centri di truffa, anche le forze pro-democrazia potrebbero perdere l’accesso – scrive sul magazine clandestino birmano Irrawaddy la ricercatrice Surachanee Sriyai -. Se Musk (o Trump) impone ampie restrizioni a Starlink a causa di truffe online e attività illecite, ciò potrebbe avere conseguenze indesiderate, tagliando i canali di comunicazione per attivisti e Resistenza frenando poco al contempo le imprese criminali, che spesso operano con complicità statali».
C’è dunque un collegamento tra rischi per la democrazia, tagli indiscriminati e profitti derivati dalle truffe online. Un problema non da poco e non solo in Cina. Secondo un’inchiesta di The Economist: «L’Fbi calcola che nel 2023 le perdite per truffe finanziarie negli Stati Uniti sono aumentate del 22 per cento, arrivando a 12,5 miliardi di dollari….». Una ricerca pubblicata a febbraio 2024 da un’Università texana che ha ricostruito gli scambi “sporchi” in criptovalute a livello globale, stima che agli statunitensi lo scam rapini circa 15 milioni di dollari l’anno e che «queste imprese criminali – scrivono John M. Griffin e Kevin Mei – sembrano aver spostato almeno 75,3 miliardi di dollari in conti di deposito in valuta sospetti (in quattro anni) … I nostri risultati – concludono i due ricercatori – evidenziano come il settore delle criptovalute “rispettabile” fornisca gateway e punti di uscita comuni per enormi quantità di flussi di capitale criminale». Ancora sull’Economist, i guadagni di quest’attività criminale globale ammonterebbero «a più di cinquecento miliardi di dollari all’anno, secondo le stime di Martin Purbrick, esperto di criminalità organizzata cinese e per undici anni agente di polizia a Hong Kong». Ma l’anno scorso, a Singapore il segretario generale dell’Interpol Jurgen Stock ha parlato di una cifra assai più alta. Le organizzazioni criminali che si sono espanse dal Sudest asiatico fino a formare una rete globale farebbero salire il fatturato mondiale delle mafie in questo settore a una cifra da capogiro: circa 3mila miliardi di dollari l’anno. Ma adesso molti dei guardiani che studiavano il settore sono stati licenziati. Con buona pace della mafia cinese e non.
Foto credits: Angshu2193, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons