È inaccettabile che il diritto al cibo sia stato inserito nel paradigma della sicurezza alimentare
Centrare il diritto sulla sicurezza alimentare nasconde la vera sfida: rivendicare un percorso veramente democratico verso il diritto al cibo e a un’alimentazione adeguata.
Nell’ambito del paradigma della sicurezza alimentare, la questione del potere nel sistema agroalimentare non viene mai sollevata. La nozione di “assicurare i bisogni di chi ha fame” ha il solo scopo di segnalare la presenza di un discorso sulla “sicurezza” che identifica la fame e gli affamati come una minaccia per l’economia politica. La narrazione della sovranità alimentare della Via Campesina si oppone al paradigma della sicurezza alimentare esistente, in particolare agli aspetti chiave della sua governance. La crescente dipendenza dall’agricoltura come fonte di input per l’industria della trasformazione alimentare (per lo più con formulazioni ultra-lavorate) significa che la mercificazione dei prodotti di base avrà un impatto negativo diretto sul consumo umano e sulla salute.
La sovranità alimentare riconosce quindi il diritto dei consumatori e dei Paesi di rifiutare le tecnologie agricole ritenute inappropriate; rivendica il diritto di decidere cosa noi tutti dobbiamo consumare, e come e da chi viene prodotto il cibo. Ciò significa che le comunità devono essere libere di decidere sul cibo prodotto nel proprio ambiente e nei propri Paesi. La sovranità alimentare, ideata da contadini e da agricoltori di sussistenza del Sud del mondo, è cresciuta fino a diventare un grido protesta internazionale che chiede sistemi alimentari equi e democratizzati. Resistendo alla sicurezza alimentare – perché comporta l’applicazione di tecnologie non necessarie in agricoltura – la sovranità alimentare rivendica una politica democratica nell’inaccettabile discorso sulla sicurezza alimentare.
Senza una visione politica condivisa sul sistema alimentare, sia i produttori che i consumatori restano destinatari passivi della politica e dei finanziamenti esterni. Gli attivisti per la sovranità alimentare accettano il ruolo preminente dello Stato come garante dei diritti umani, ma chiedono che il controllo di questi diritti risieda e rimanga nelle comunità.
Di fronte alle continue ingiustizie del sistema alimentare e al crescente doppio carico di malnutrizione (triplo, se si considerano la denutrizione, il sovrappeso e le carenze di micronutrienti), è chiaro che la realizzazione del diritto al cibo richiederà un cambio di paradigma nella produzione, nella lavorazione, nella distribuzione e nel consumo di cibo guidato dalle necessarie trasformazioni economiche, sociali e politiche.
La governance globale in cui viviamo punta alle cause sbagliate dell’insicurezza alimentare e della malnutrizione. Parte dal presupposto che le cause siano radicate nei bisogni dei mercati capitalistici e nei ruoli della biotecnologia e dell’agricoltura commerciale.
Esempi calzanti in tal senso sono la promozione aggressiva delle colture geneticamente modificate e in particolare quella del “riso d’oro” potenziato con vitamina A, così come i semi venduti dalle multinazionali che possono essere piantati solo una volta poiché producono frutti sterili.
Come le attuali relazioni di mercato siano nate e siano mantenute – e come influenzino il diritto umano di nutrirsi – non viene messo in discussione.
Il paradigma della sicurezza alimentare è inoltre profondamente implicato nella perpetuazione delle relazioni di dominio che assegnano potere al redditizio settore agroindustriale alimentare. Questa concezione è stata giustamente criticata in quanto serve principalmente agli Stati, alle istituzioni, alle classi e agli individui che traggono vantaggi materiali dai sistemi agrari capitalistici.
È questa nozione egemonica del diritto al cibo legata ai mercati capitalistici che viene sempre più messa in discussione e rifiutata. Un movimento per la giustizia alimentare che prenda sul serio i problemi dell’equità, dell’uguaglianza, della salute e della sostenibilità dovrà quindi iniziare a porre le domande più spinose – che in effetti già si stanno ponendo.
Degno di nota a questo proposito è il lavoro della FIAN e del Global Right to Food Network, nonché della World Public Health Nutrition Association.
La narrativa sulla sicurezza alimentare ha avuto successo nell’offrire alle multinazionali agricole uno spazio per proporre le loro “soluzioni” al problema della fame. I governi hanno creduto ai miti ripetuti all’infinito dalle multinazionali del cibo, credendo che senza l’agricoltura delle multinazionali non avremmo cibo sufficiente per soddisfare i crescenti bisogni della popolazione.
L’agricoltura delle multinazionali promuove investimenti e operazioni fortemente incentrati sui grandi investitori, schiacciando i piccoli agricoltori. Il potere delle multinazionali agroalimentari si sta consolidando, mentre le persone e i contadini del Sud del mondo restano sempre più emarginati. Questo modello di produzione alimentare contiene un forte messaggio politico: la terra non è per chi la lavora.
Per queste ragioni, il termine “sicurezza alimentare” sta diventando un concetto di valore decrescente per i progetti di giustizia. Questo perché, in ultima analisi, si tratta di una questione di giustizia, per le persone e per l’ambiente.
La sovranità alimentare implica costantemente un “diritto ad agire”
La narrativa della sovranità alimentare rappresenta giustamente una minaccia per gli attuali approcci basati sul mercato; richiede un processo di ristrutturazione sociopolitica a lungo termine. Si concentra sui modi per passare a un migliore uso dei terreni agricoli per produrre cibo che promuova un’alimentazione più sana.
Vale la pena notare a questo proposito la teoria e la pratica del ‘buen vivir’ del popolo andino, che sta prendendo piede nella comunità internazionale della nutrizione e del cibo come esempio di sviluppo veramente sostenibile.
Ritorno ai principi fondamentali
- La sovranità alimentare è il diritto dei popoli a un cibo sano e culturalmente appropriato, prodotto con metodi ecologicamente sani e sostenibili, e il loro diritto a definire i propri sistemi alimentari e agricoli. Mette al centro dei sistemi e delle politiche alimentari coloro che producono, distribuiscono e consumano il cibo, piuttosto che le richieste dei mercati e delle multinazionali. Difende gli interessi e l’inclusione delle generazioni future. Offre una strategia per resistere e smantellare l’attuale regime commerciale e alimentare delle multinazionali e per cambiare direzione ai sistemi alimentari, all’agricoltura, alla pastorizia e alla pesca, in modo che siano controllati dai produttori locali. La sovranità alimentare dà priorità alle economie e ai mercati locali e nazionali e dà potere all’agricoltura contadina e familiare, alla pesca artigianale e alla pastorizia, nella produzione, distribuzione e consumo di cibo sulla base della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. La sovranità alimentare promuove un commercio trasparente che garantisca un reddito giusto ed equo a tutti i popoli e il diritto dei consumatori di controllare il proprio cibo e la propria alimentazione. Assicura che i diritti d’uso e di gestione delle nostre terre, territori, acque, sementi, bestiame e biodiversità siano nelle mani di coloro che producono il cibo. La sovranità alimentare implica nuove relazioni sociali, libere dall’oppressione e dalla disuguaglianza tra uomini e donne, popoli, gruppi etnici, classi sociali e generazioni. (Dichiarazione di Nyeleni, Mali, 2007).
- Come molti altri diritti, il diritto al cibo è comunemente trattato come una vaga aspirazione. Tuttavia, viene sempre più preso sul serio, poiché gli obblighi dei diversi attori responsabili vengono chiaramente esplicitati.
Vent’anni fa, il Comitato per la Sicurezza Alimentare (Committee on Food Security, CFS) della FAO ha adottato le sue Linee guida volontarie sul diritto al cibo, che sono state approvate come facoltative nonostante le obiezioni dei movimenti della società civile che pensavano (e pensano tuttora) che dovessero essere vincolanti.
Foto Credits: United Soybean Board, ATTRIBUTION 2.0 GENERIC, via Flickr