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In libreria – Global Climate Change and Environmental Refugees: Nature, Framework and Legality

A cura di Pardeep Singh*, Anamika Yadav** e Bendangwapang Ao***

Redazione

I collegamenti tra i cambiamenti climatici globali e il fenomeno dei cosiddetti rifugiati ambientali (o climatici) sono complessi e sfaccettati e stanno diventando sempre più evidenti. Il cambiamento climatico sta già avendo un impatto significativo sulla migrazione umana, e si prevede che tale impatto aumenterà nei prossimi decenni.

Il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (IPCC) stima che entro il 2050 fino a 200 milioni di persone potrebbero essere sfollate e diventare rifugiati ambientali a causa dei cambiamenti climatici. La Banca Mondiale ha stimato che entro il 2050 America Latina e Caraibi, Africa sub-sahariana e Sud-est asiatico genereranno 143 milioni di migranti climatici in più rispetto al 2020.

A differenza dell’ampio consenso scientifico sul fatto che i cambiamenti climatici stiano determinando una serie di impatti ambientali come l’innalzamento del livello del mare, eventi meteorologici più frequenti e gravi, desertificazione e scarsità di risorse che possono costringere le persone a lasciare le loro case e diventare rifugiati ambientali, non c’è al momento un chiaro consenso su come definire o classificare al meglio i rifugiati ambientali, e non esiste una legge internazionale che li protegga specificamente. In altri termini, l’attuale sistema di diritto internazionale non è attrezzato per proteggere i migranti climatici. Le tutele legali concesse ai rifugiati (definiti tali ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite del 1951 sui rifugiati) non si estendono a loro e non esistono accordi legalmente vincolanti che obblighino i Paesi a fornire loro sostegno. Alcuni Stati hanno iniziato a sviluppare politiche per affrontare il problema, ma queste politiche sono spesso inadeguate e sotto-finanziate. In generale, i rifugiati ambientali (o migranti/sfollati a causa del clima) affrontano molte difficoltà e rischi, come mancanza di protezione legale, violazioni dei diritti umani, povertà, conflitti e problemi di salute. Hanno anche opzioni limitate per quanto riguarda il reinsediamento, l’integrazione o l’adattamento nelle loro nuove sedi. Parlare di rifugiati ambientali non è solo una questione umanitaria, ma anche una questione di sviluppo, sicurezza e ambiente che richiede cooperazione e azione globali. Sono persone in situazioni che richiedono un quadro completo normativo e politiche che considerino la natura, le cause e le conseguenze del loro spostamento, nonché le possibili soluzioni e opportunità per la loro protezione e assistenza.

Alcuni collegamenti chiave tra cambiamenti climatici e rifugiati ambientali sono facilmente immaginabili: l’innalzamento graduale del livello del mare, dovuto allo scioglimento delle calotte polari e dei ghiacciai, può portare all’inondazione delle zone costiere, rendendole inabitabili e ciò costringe le persone che vivono nelle regioni costiere a trasferirsi altrove, spesso in altri Paesi. Questo costituisce un problema specialmente per gli Stati insulari, come Kiribati e Tuvalu.

Si pensi anche agli eventi meteorologici estremi. I cambiamenti climatici sono collegati a un aumento della frequenza e dell’intensità di tali eventi, come uragani, inondazioni e siccità, che possono causare distruzione diffusa, allontanando le persone dalle loro case e portando a migrazioni su larga scala. L’aggravamento dei fenomeni di desertificazione e il degrado del suolo, in particolare nelle regioni aride e semi-aride, può portare a un calo della produttività agricola, costringendo gli agricoltori e le comunità rurali a migrare alla ricerca di migliori opportunità di sostentamento.

I cambiamenti climatici contribuiscono anche a provocare scarsità di risorse, come acqua e cibo, il che può portare a insicurezza alimentare ed a competizione e conflitto sulle risorse, costringendo le persone a migrare verso aree con risorse più abbondanti.

I cambiamenti climatici possono determinare inoltre la perdita di servizi ecosistemici vitali, come l’impollinazione, la depurazione delle acque e la protezione dalle inondazioni. Anche questi sono fattori che possono costringere le persone a migrare alla ricerca di ambienti più ospitali.

Oltre ai numerosi articoli su riviste scientifiche, diventano sempre più numerosi anche saggi più divulgativi su questo tema provenienti da autori del Sud del mondo. Recentemente è stato pubblicato il libro “Global Climate Change and Environmental Refugees: Nature, Framework and Legality”, a cura di tre studiosi indiani: Pardeep Singh, professore di studi ambientali presso il PGDAV College dell’Università di Delhi, Anamika Yadav, ricercatore presso lo stesso istituto, e Bendangwapang Ao, ricercatore presso il Center for International Legal Studies della Jawaharlal Nehru University.

Si tratta di 14 capitoli che esplorano, in termini interdisciplinari e da prospettive tipiche delle scienze sociali, il concetto di rifugiati ambientali, il quadro giuridico di riferimento e i problemi che devono affrontare, a partire dai risultati empirici di alcuni casi di studio concreti.

Schematicamente, ecco alcuni messaggi chiave che il libro sottolinea con enfasi:

  • i cambiamenti climatici sono un moltiplicatore di minacce, il che significa che possono aggravare le tensioni sociali, economiche e politiche già esistenti;
  • i rifugiati ambientali sono spesso emarginati e discriminati nei Paesi ospitanti;
  • i rifugiati ambientali dovrebbero essere riconosciuti come una categoria distinta di rifugiati, in base a una definizione chiara e coerente, e dovrebbero ricevere protezione e assistenza legale
  • c’è bisogno di cooperazione internazionale per affrontare il problema dei rifugiati ambientali e il modo migliore per prevenire il problema è affrontare le cause profonde dei cambiamenti climatici, mitigandoli anzitutto con una riduzione significativa delle emissioni di gas a effetto serra e con un supporto tecnico e finanziario ai Paesi per l’adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici.

I curatori sono indiani, non a caso. L’India è uno dei primi 10 paesi gravemente colpiti dai cambiamenti climatici insieme a Mozambico, Zimbabwe, Bahamas, Giappone, Malawi, Afghanistan, Pakistan, Etiopia e Sudan del Sud, in base ai dati del Global Climate Risk Index del 2021, e ha spesso dovuto fare i conti con gravi episodi di siccità, inondazioni e cicloni in Stati come Assam, Andhra Pradesh, Maharashtra, Karnataka e Bihar. Queste calamità hanno costretto le persone a migrare, alla ricerca di condizioni di vita sostenibili. L’ultimo rapporto dell’IPCC afferma che Orissa, Assam, Meghalaya, Tripura, West Bengal, Bihar, Jharkhand, Chhattisgarh, Uttar Pradesh, Haryana e Punjab saranno tra le principali vittime del riscaldamento globale.

Passando brevemente in rassegna i temi cui sono dedicati i diversi capitoli del libro, dopo il primo che riassume gli argomenti principali e dà una lettura trasversale dei temi più specifici, si analizza l’evoluzione storica del concetto di rifugiati ambientali. Un concetto relativamente nuovo, emerso alla fine del XX secolo e che inizialmente era usato per descrivere le persone sfollate a causa di disastri ambientali come inondazioni e siccità. Tuttavia, con la crescente consapevolezza dei cambiamenti climatici e del loro impatto sulle migrazioni umane, la definizione si è ampliata per includere le persone che sono costrette a migrare a causa di cambiamenti ambientali a insorgenza lenta, come l’innalzamento del livello del mare e la desertificazione. Nonostante questa evoluzione, non esiste ancora una definizione universalmente accettata di rifugiati ambientali e ci sono molti problemi associati alla definizione e alla risoluzione di questo problema. L’UNFCCC riconosce che i cambiamenti climatici possono provocare casi di sfollamento, ma non fornisce un quadro giuridico per affrontare questo problema.

I due capitoli successivi (3 e 4) approfondiscono nel dettaglio l’impatto significativo dei cambiamenti climatici sui contesti atmosferici, idrosferici e litosferici della Terra che stanno colpendo la vita delle persone direttamente o indirettamente e sui vari eventi climatici (inondazioni frequenti, siccità, cicloni, ondate di calore più frequenti e gravi: i cosiddetti “driver”) che costringono le persone a migrare. Dal punto di vista scientifico ci vogliono da 30 a 50 anni di modelli meteorologici per stabilire l’intervento di cambiamenti climatici, poiché si tratta di un processo ampio e complesso. Tuttavia, eventi climatici di vario genere stanno con evidenza sfrattando radicalmente e rapidamente molte persone dalla loro terra.

Il capitolo 5 discute la dimensione di genere dei cambiamenti climatici e il suo impatto sui mezzi di sussistenza tradizionali in India. Le donne e gli uomini sono, infatti, colpiti in modo diseguale dai cambiamenti climatici, e le donne povere di aree rurali sono più vulnerabili, a causa della loro posizione subordinata e differenziata per motivi di genere che ostacola il loro accesso a risorse materiali sufficienti e la loro capacità di resistenza o adattamento. Le donne in India sono per lo più impegnate in mezzi di sussistenza tradizionali come l’agricoltura, la pesca, la sericoltura, il cotone e le piantagioni di tè, che dipendono da risorse sensibili al clima. L’articolo evidenzia la necessità di politiche e programmi sensibili al genere che tengano conto delle esigenze specifiche delle donne nell’adattamento ai cambiamenti climatici. Sottolinea inoltre l’importanza di fattori di emancipazione delle donne come l’istruzione e la formazione, per migliorare la loro capacità di far fronte agli effetti negativi dei cambiamenti climatici.

Il capitolo 6 discute lo sviluppo di nuove città e l’espansione delle città già esistenti in India. Questi contesti generano ingiustizia ambientale, riconfigurazione dello spazio, frammentazione della società locale, soppressione dell’attività politica, difficoltà nel reperimento di mezzi di sussistenza e migrazioni forzate di agricoltori che hanno perso la terra. Lo studio utilizza elementi etnografici – uno dei metodi migliori per ottenere il punto di vista di un insider e per osservare la multidimensionalità dei fenomeni in un sito – per raccogliere dati primari e documentare approfondimenti. Lo studio evidenzia come gli agricoltori siano costretti a migrare a causa dell’acquisizione di terreni per progetti di sviluppo urbano e come ciò abbia provocato la perdita di mezzi di sussistenza e lo sfollamento dalle loro case e comunità. L’articolo sottolinea l’importanza della giustizia ambientale nel garantire che i progetti di sviluppo non provochino effetti negativi sulle comunità vulnerabili.

Il capitolo 7 discute di come i cambiamenti climatici stiano provocando la migrazione di individui o comunità, in particolare nelle zone costiere dell’India. Ad essere più colpite sono le comunità vulnerabili delle aree costiere come i pescatori e gli agricoltori che dipendono dalle risorse naturali per il loro sostentamento.

Il capitolo 8, scritto dal nigeriano Unyime-Young Mfon, cambia l’area di studio e fornisce un’analisi incentrata sullo sviluppo dell’impatto dei cambiamenti climatici su temi di sviluppo sostenibile come i mezzi di sussistenza e la sicurezza alimentare, e su come ciò abbia portato a conflitti tra agricoltori e pastori in Nigeria. I dati utilizzati provengono in questo caso da fonti secondarie e dalla FAO. Il capitolo indaga il significato dell’innovazione tecnologica nel perseguire la pace, la protezione dei mezzi di sussistenza e la sicurezza alimentare.

Anche il capitolo 9, scritto dal colombiano Esteban Gutiérrez-Sánchez-Salamanca, contribuisce ad allargare lo spettro dei casi di studio ed esamina il cosiddetto “capitalismo dei disastri” che continua a prendere piede nei Caraibi, esaminando l’impatto dell’uragano Iota nel novembre 2020 su diversi Paesi dell’America centrale e caraibica – Colombia El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama – ed evidenziando l’importanza avuta da strategie di occupazione e appropriazione privata di terre (land grabbing) e di controllo e intervento territoriale associate a determinati modelli predatori e liberisti di sviluppo.

I capitoli 10, 11 e 12, analizzano le problematiche giuridiche per giungere a un possibile quadro teorico che faciliti una migliore definizione di politiche sui rifugiati ambientali, guidate da principi di equità, giustizia e rispetto dei diritti umani, e la necessità di una migliore comprensione dei parametri per lo studio dei rifugiati ambientali, per facilitare una migliore definizione delle politiche in questo settore. Si sottolinea anche l’importanza della comprensione del fatto che le persone svantaggiate dal punto di vista socioeconomico sono colpite in modo sproporzionato dal fenomeno dei rifugiati ambientali, e della necessità di pensare ad un paradigma del diritto internazionale e dei suoi vari elementi costitutivi per affrontare in modo corretto questa nuova sfida.

Il capitolo 13 affronta il tema del numero crescente di sfollati interni nell’Unione africana, in particolare a quello causato dai cambiamenti climatici. Lo studio valuta criticamente la convenzione di Kampala per gli sfollati climatici, esaminandola dal punto di vista dei rapporti di proprietà (sotto forma di terra o alloggio o trasferimento) basati sul diritto al ritorno per gli sfollati. Sottolinea la necessità di un approccio basato sui diritti per affrontare le difficoltà incontrate dagli sfollati e suggerisce che le risposte politiche dovrebbero essere guidate da principi di equità, giustizia e rispetto dei diritti umani.

Il capitolo conclusivo discute l’impatto dei cambiamenti climatici sui modelli migratori nei Paesi dell’Oceano Indiano occidentale, e le sue implicazioni regionali. Il capitolo evidenzia che l’Africa è vulnerabile ai cambiamenti climatici e che gli eventi meteorologici estremi, l’innalzamento del livello del mare e le ricorrenti inondazioni e siccità sono fattori significativi che influenzano i modelli migratori interni e internazionali. I Paesi della regione, in particolare quelli insulari, sono estremamente sensibili agli impatti negativi dei cambiamenti climatici ma, nonostante questa minaccia condivisa, c’è relativamente meno migrazione in questa regione, il che finora non ha favorito una necessaria discussione a livello regionale per risolverli.

In sintesi, un libro ben scritto e di facile comprensione, basato sulle ultime ricerche sui cambiamenti climatici e sull’impatto sulle migrazioni umane, che offre molti spunti per comprendere sia il concetto di rifugiati ambientali e le difficoltà che devono affrontare in termini di diritti, protezione e assistenza, sia l’importanza del loro riconoscimento legale nel sistema internazionale, che attualmente manca. I diversi capitoli affrontano vari aspetti dei cambiamenti climatici e dell’impatto migratorio, come il genere, i mezzi di sussistenza, i conflitti, la giustizia e lo sviluppo.

È una lettura consigliata, perché informativa e stimolante per chi fosse interessato a studiare sia empiricamente che teoricamente la natura, le cause e le conseguenze della migrazione indotta dal clima, nonché le possibili soluzioni e opportunità di integrazione e adattamento.