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Le risorse idriche in Uruguay

Lizbona Cohen Alexandra

Come coinvolgere i cittadini nelle decisioni politiche? Rispondere a questa domanda può apparire semplice, ma si tratta di un punto cruciale per la democrazia rappresentativa. Di fronte alla distanza tra i classici meccanismi decisionali e di rappresentanza della democrazia liberale rappresentativa, i governi adottano meccanismi di partecipazione dei cittadini che trascendono la dimensione tecnico-burocratica nella gestione dello Stato. Andare oltre una visione di democrazia rappresentativa in cui i cittadini eleggono i loro rappresentanti implica enfatizzare e studiare nuovi ambiti democratici, come gli spazi per la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali pubblici, e comporta l’analisi dell’interazione tra pubblico e privato durante il processo di definizione delle politiche pubbliche.

Questo  articolo affronta il legame tra la società e lo Stato in Uruguay: in particolare, viene analizzata la politica idrica e il coinvolgimento dei cittadini nella stessa. Le risorse idriche in Uruguay non sono un problema trascurabile, né a livello delle istituzioni pubbliche né per la società civile in generale. Costituiscono, invece, un motivo di preoccupazione fondamentale, poiché le politiche idriche influenzano il benessere, la distribuzione, la disuguaglianza sociale e gli interessi stessi della politica, dell’economia e della società nel suo complesso.  

Che tipo di natura vogliamo preservare come società? Questa resta una domanda centrale, in quanto l’acqua costruisce le relazioni sociali e di potere attorno a coloro che possono accedervi e a quali condizioni. Non c’è dubbio che i processi sociali, politici ed economici portano a includere l’acqua tra le risorse contese tra più attori pubblici e privati. Consideriamo il caso uruguaiano e facciamo un breve excursus storico per capire il ruolo attivo che i cittadini hanno avuto nella politica idrica.

Dal 2002, ma soprattutto per tutto il 2004, dopo anni di politiche neoliberiste e un’acuta crisi economica, con uno stato in declino, l’Uruguay segna un punto di svolta nella resistenza alla privatizzazione di diversi beni e servizi pubblici. La società uruguaiana ha dibattuto e politicizzato una questione che fino ad allora sembrava fuori discussione per un piccolo paese circondato dall’acqua: il riconoscimento dell’acqua come questione politica e sociale. Questo processo ha portato al plebiscito costituzionale del 2004, condotto dalla Commissione nazionale in difesa dell’acqua e della vita (Comisión Nacional en Defensa  del Agua y de la Vida, CoNDAV), che ha “ecologizzato” il dibattito politico e ha finito per conseguire la prima grande vittoria su scala nazionale per un’iniziativa popolare di natura ambientale (Renfrew, 2006 “Uruguay; políticas ambientales, agua y sociedad”). Pertanto, il plebiscito è stato una pietra miliare per la democrazia uruguaiana, poiché oltre a dichiarare l’acqua un diritto umano, l’iniziativa non ha avuto origine “dall’alto”, non è nata dai poteri politici formali –  esecutivo o legislativo – ma è sorta “dal basso”, cioè dalla cittadinanza che, informata e guidata dal  CoNDAV, ha svolto un ruolo centrale e proattivo. Ciò ha portato l’Uruguay a diventare un paese che riconosce esplicitamente il diritto all’acqua nella sua Costituzione, per cui lo Stato è obbligato a proteggere i diritti dei suoi cittadini.

Questo progresso normativo e sociale ha portato alla promulgazione nel 2009 della legge n. 18610, che stabilisce le linee guida della politica idrica nazionale. Oltre a sollevare diversi punti come l’azione statale per l’accesso all’acqua potabile, ai servizi igienico-sanitari e alle acque superficiali e sotterranee, questa legge considera nei suoi articoli 18 e 19 la partecipazione dei cittadini, definendola come “il processo democratico attraverso il quale gli utenti e la società civile diventano attori fondamentali in termini di pianificazione, gestione e controllo delle risorse idriche, dell’ambiente e del territorio”, accordando alla società civile “il diritto di partecipare in modo concreto ed efficace alla formulazione, attuazione e valutazione dei piani e delle politiche stabilite”.

Tuttavia, il modo in cui questi spazi partecipativi sono messi in pratica e il modo in cui sono inseriti nel processo di politica pubblica, siano essi input per la progettazione, l’attuazione, il monitoraggio o la valutazione, non possono essere concepiti allo stesso modo. Una consultazione dei cittadini non è la stessa cosa della cogestione della politica o del controllo dei cittadini sul monitoraggio delle politiche. Pertanto, è importante stabilire come si attui il legame tra il governo e i cittadini e gli attori/movimenti sociali e che tipo di partecipazione sia voluta da entrambe le parti. Ad esempio, prendiamo in considerazione l’elaborazione del Piano idrico nazionale (Plan Nacional de Aguas, PNA) durante gli anni 2016 e 2017, che non ha precedenti in Uruguay. È la prima volta che lo Stato uruguaiano affronta la questione  dell’acqua in modo globale e con una visione strategica a lungo termine, da cui discende la sua rilevanza. Questo Piano idrico nazionale è uno “strumento tecnico e politico che stabilisce le linee guida generali per la gestione delle risorse idriche in tutto il territorio uruguaiano” (DINAGUA, Proposta per il Piano idrico nazionale, Uruguay, 2016) e per la sua elaborazione il governo uruguaiano ha definito un meccanismo per la partecipazione della cittadinanza: la “Deliberazione dei cittadini sull’acqua” (Deliberación Ciudadana sobre el Agua, Deci Agua) per il dialogo e i contributi al PNA. Il progetto Deci Agua è stato finanziato dalla Commissione settoriale per la ricerca scientifica (Comisión Sectorial de Investigación Científica, CSIC) dell’Università della Repubblica e da DINAGUA e si è avvalsa di un gruppo consultivo composto da accademici e professionisti che hanno coordinato gli incontri.

Questo meccanismo è un adattamento dei Juicios Ciudadanos, ma ne condivide gli stessi ideali deliberativi (le “Giurie cittadine” sono uno strumento che permette di conoscere le diverse opinioni della cittadinanza su uno specifico problema pubblico). Questo processo ha imperniato le discussioni attorno a cinque assi principali: 1. il progetto; 2. la gestione delle risorse idriche; 3. i modelli e gli schemi concettuali della gestione di tali risorse e il ruolo della cittadinanza; 4. istruzione, cultura e cittadinanza, e 5. dimensione etica.  In questo modo, Deci Agua ha dimostrato da un lato che la partecipazione dei cittadini è importante, poiché ha avuto origine da un’iniziativa statale di questo tipo ma, dall’altro, Deci Agua è stato un meccanismo ad hoc, congiunturale, di natura non vincolante e non istituzionalizzata, per cui in Uruguay la politica idrica non è parte del quadro istituzionale; inoltre, il quadro giuridico uruguayano non contempla questo tipo di meccanismi partecipativi per qualsiasi altra politica pubblica. Deci Agua è stato un esperimento partecipativo senza precedenti.

Per quanto riguarda i risultati, il documento in cui sono sintetizzati i principali contributi di Deci Agua sottolinea l’importanza della partecipazione e del coinvolgimento dei cittadini. Offre una riflessione sul fatto che nel Piano idrico nazionale proposto si riconosce l’assenza di capacità, sia in termini di risorse umane che economiche, per soddisfare le richieste dei partecipanti ai Consigli regionali sulle risorse idriche (Consejos Regionales de Recursos Hídricos) e delle Commissioni sui bacini e le falde acquifere (Comisiones de Cuencas y Acuíferos), per elaborarle e fornire risposte adeguate e tempestive, considerata l’importanza della questione.

Ciò detto, Deci Agua ritiene che si tratti di un impedimento all’effettiva applicazione del mandato dell’articolo 47 della Costituzione della Repubblica, che stabilisce che “gli utenti e la società civile parteciperanno a tutte le istanze di pianificazione, gestione e controllo delle risorse idriche”, sollevando una rivendicazione concreta per consolidare la partecipazione dei cittadini agli spazi di discussione e formulazione delle politiche, come le Commissioni sui bacini e le falde acquifere, in modo che questi meccanismi e queste tematiche costituiscano dei canali efficaci per avvicinare i cittadini al processo decisionale: promuovere la partecipazione basata sulla premessa di “governare con il popolo, non per il popolo”. Si indica che ciò è essenziale per recuperare la fiducia dei cittadini nella gestione e si afferma quindi che è necessario stabilire delle procedure per valutare la gestione delle Commissioni di bacino e analizzare il problema della rappresentanza della società civile nelle commissioni, tenendo conto della sua diversità: “ci sono residenti e altri attori che non partecipano alle organizzazioni già esistenti. Dovrebbero essere prese in considerazione procedure per includere le persone non rappresentate. Si dovrebbero anche definire altri spazi di partecipazione dei cittadini che accompagnino il lavoro delle Commissioni di bacino, attraverso meccanismi deliberativi per cui i cittadini locali siano chiamati ad analizzare le questioni su cui lavorano le commissioni e per fare proposte legate alla realtà del territorio” (Deci Agua, 2016: 7-8).  

In aggiunta alle riflessioni offerte dai risultati del panel di Deci Agua, a differenza di diversi paesi dell’America Latina – come il Brasile – che presentano quadri normativi che formalizzano la partecipazione dei cittadini, in Uruguay non esiste un quadro legislativo che istituzionalizzi la partecipazione e impegni lo Stato a creare meccanismi partecipativi di natura vincolante, garantendo la trasparenza e il controllo indipendente e autonomo dei cittadini nei processi decisionali. Detto questo, si pone la questione di un’ulteriore analisi del perché – in una democrazia piena come quella uruguaiana – gli organi deliberativi che coinvolgono i principali attori non siano istituzionalizzati, prima di passare a una discussione legislativa, così che si possa, in questo modo, rafforzare la democrazia partecipativa.

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Water boy, Vince Alongi-Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)