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In libreria – Challenges of Disasters in Asia. Vulnerability, Adaptation and Resilience

Un volume a cura di Haroon Sajjad*, Lubna Siddiqui**, Atiqur Rahman***, Mary Tahir**** e Masood Ahsan Siddiqui*****

Redazione

La Divisione Popolazione del Dipartimento Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite fornisce alla comunità internazionale dati demografici aggiornati e accessibili, e oltre ad analisi delle tendenze in questo campo per tutti i Paesi e le aree del mondo. Come previsto dalle stime di metà anno, contenute nel rapporto World Population Prospects 2022, il 15 novembre 2022 la popolazione mondiale ha raggiunto gli 8 miliardi di persone. Oltre 4,7 miliardi, pari a quasi il 59% della popolazione mondiale, vivono in Asia e sono concentrate soprattutto in Cina e in India (oltre 2,8 miliardi di persone, pari a più del 60% di tutti gli asiatici).

Contemporaneamente, il Forum intergovernativo sui Cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Inter-governmental Panel on Climate Change, IPCC) ha definito i disastri come “cambiamenti nel normale funzionamento della società o della comunità a causa di eventi fisici pericolosi” che, interagendo con le situazioni sociali presenti, provocano ingenti danni ambientali, sociali ed economici, che necessitano di una risposta rapida e di sostegno economico. Milioni di persone in tutto il mondo sono colpite da disastri naturali o indotti dall’uomo. Quasi il 90% delle persone che vivono in Paesi esposti a rischi naturali versano in estrema povertà a causa di eventi sismici. Ogni anno i disastri riducono in povertà circa 25 milioni di persone, e provocano perdite economiche per 100 miliardi di dollari. I cambiamenti climatici sono stati identificati come il principale fattore di cambiamento delle condizioni globali e di alterazione della normalità del funzionamento dell’ambiente. Questi cambiamenti determinano l’aumento della frequenza di eventi meteorologici estremi, tra cui siccità, inondazioni, innalzamento del livello del mare, ondate di calore e cicloni negli ecosistemi fragili, stanno accelerando la vulnerabilità dei sistemi socio-ecologici e finiscono per esercitare influenza sulle condizioni socio-economiche.

L’Asia non solo è il continente più densamente popolato, ma è anche minacciato da una varietà straordinariamente ampia di rischi ambientali tropicali ed extratropicali, molti dei quali si traducono in impatti di grande entità. Nelle zone montuose, in particolare, i rischi geofisici e meteorologici spesso si sovrappongono. Nelle aree metropolitane, vaste popolazioni sono esposte a una serie di minacce e pericoli la cui combinazione, diventa sempre più complessa, pervasiva e interdipendente. I relativi effetti a cascata minacciano le infrastrutture più fragili e possono portare alla proliferazione di impatti dagli esiti drammatici.

A livello mondiale, la maggior parte degli sfollamenti di popolazione dovuti a disastri è avvenuta nella regione dell’Asia e del Pacifico. Si stima che nel periodo 2010-2021 siano stati registrati 225,3 milioni di casi di esodi interni forzati. Tempeste e inondazioni su larga scala, siccità, terremoti, tsunami ed eruzioni vulcaniche continuano a costringere ogni anno all’esodo milioni di persone, in questa vasta regione che ospita la maggior parte della popolazione mondiale.

La frequenza dei disastri naturali a livello globale è aumentata notevolmente negli ultimi decenni, in particolare per quanto riguarda le tempeste e le inondazioni e inoltre – negli anni 2000 – l’incidenza delle tempeste di categoria 5, cioè le più devastanti, è triplicata, secondo le compagnie assicurative che operano su scala mondiale.

Haroon Sajjad (direttore), Atiqur Rahman, Masood Ahsan Siddiqui, Lubna Siddiqui e Mary Tahir sono i cinque professori ordinari del Dipartimento di Geografia, presso la facoltà di Scienze naturali della Jamia Millia Islamia di New Delhi, una delle più prestigiose università dell’India, e hanno recentemente curato la pubblicazione di una collettanea di oltre 450 pagine, che offre una sintesi dei lavori di ricerca presentati alla Conferenza internazionale online sul tema, organizzata dal Centro per la gestione dei disastri del Dipartimento di Geografia in collaborazione con l’Istituto nazionale per la gestione dei disastri, il Centro regionale di telerilevamento  e l’Organizzazione indiana per la ricerca spaziale (ISRO), nel marzo del 2021.

Il volume è stato organizzato in quattro parti, suddivise in 28 capitoli. La parte I tratta la valutazione dell’impatto di vari disastri. La parte II esamina la vulnerabilità ecologica e socio-economica derivante dai disastri stessi. La parte III identifica le possibili soluzioni per ridurre la vulnerabilità e le strategie di adattamento più efficaci. Infine, la quarta parte propone una visione mirata a rendere le società più resilienti ai disastri. L’attenzione principale di ogni capitolo è posta, implicitamente, su questioni politiche incentrate sulla riduzione dei disastri su scala spaziale. La multidimensionalità dei disastri è illustrata da vari approcci e da una modellazione molto ricca: applicazione di valutazione probabilistica del rischio sismico, modello del Desertification Vulnerability Index basato sul Geographic Information System per la mappatura e la valutazione della potenziale vulnerabilità alla desertificazione e al degrado del territorio, l’Analytic hierarchy process a supporto delle decisioni multicriterio, modellazione dell’esondazione catastrofica dei laghi glaciali attraverso Glacier Lake Outburst Modeling, tecniche di machine learning di regressione e problemi di Classificazione statistica che producono modelli predittivi.

Approcci diversi che sono chiamati a misurarsi con la necessità di scelte politiche da adottare per fronteggiare la gravità dei rischi nel continente. Il presupposto di questi contributi è la convinzione che in molti Paesi il processo stesso di sviluppo abbia un enorme impatto – sia positivo che negativo – sul rischio di catastrofi. Paesi che affrontano modelli simili di rischi naturali – dalle inondazioni alla siccità – possono subire impatti molto diversi quando si verificano i disastri. L’impatto dipende in gran parte dal tipo di scelte di sviluppo fatte in precedenza. Quando i Paesi diventano più prosperi, ad esempio, sono spesso in grado di permettersi gli investimenti necessari per costruire edifici più resistenti ai terremoti. Allo stesso tempo, la fretta di crescere economicamente può innescare uno sviluppo urbano disordinato, che aumenta il rischio di vittime su larga scala durante un disastro. Mentre l’azione umanitaria per mitigare l’impatto dei disastri sarà sempre di vitale importanza, la comunità internazionale, a cominciare dai Paesi asiatici ma non solo, si trova ad affrontare una sfida cruciale: come anticipare meglio – e quindi gestire e ridurre – il rischio di disastri integrando la potenziale minaccia nella pianificazione e nelle politiche di sviluppo.

Il meccanismo di risposta è parte integrante della riduzione del rischio di catastrofi, in quanto è fondamentale per articolare l’interazione tra sistemi umani e naturali. La resilienza aiuta in ogni caso a superare le difficoltà. L’adattamento e la mitigazione sono approcci interrelati, efficaci nella gestione e nella riduzione del rischio di catastrofi. Nelle zone colpite da catastrofi, il sostegno finanziario, le strategie di risposta efficaci, la preparazione, l’adattamento e il rafforzamento della resilienza sono estremamente importanti. Una delle sfide associate ai disastri è sicuramente quella di garantire la fornitura di aiuti e le relative operazioni in base all’intensità di quei fenomeni. I disastri provocati dall’uomo sono spesso accompagnati da un’enorme crisi umanitaria ed economica. Rendere il sistema sanitario resiliente è un’altra preoccupazione per chi mira a ridurre il rischio derivante dai disastri. Una mitigazione efficace, misure proattive e un’efficace pianificazione post-catastrofe possono aiutare a superare queste sfide.

In questo senso, il volume è una raccolta di studi interessanti per chi volesse approfondire la realtà in India (oggetto specifico dei contributi di ricerca) e, più in generale, in Asia, ma pure per chi intendesse tradurre le indicazioni che se ne possono trarre, in una prospettiva comparativa, in contesti molto diversi, come in Africa o America latina e caraibica.

I capitoli sono troppo numerosi per darne adeguato conto. Ci si limita qui, con una dose di evidente arbitrarietà, a segnalare i risultati di due capitoli, per il semplice fatto che allargano il campo di studio oltre i confini disciplinari

Il primo è il capitolo, contenuto nella parte II (centrata sulla vulnerabilità ecologica e socio-economica ai disastri), scritto da Gouri Sankar Bhunia, dell’università Seacom Skills University del Bengala occidentale, intitolato “Vulnerability Assessment of COVID Epidemic for Management and Strategic Plan: A Geospatial-Based Solution”. A causa della diffusione della pandemia da COVID-19 si è elaborato uno strumento per la pianificazione e la definizione delle priorità a livello distrettuale e per un’efficace allocazione delle risorse. Sulla base delle informazioni pubblicamente disponibili, questa analisi è stata condotta per stabilire un indice di vulnerabilità basato sulle caratteristiche della popolazione e delle infrastrutture, per classificare i distretti vulnerabili del Bengala occidentale. Un indice composito di vulnerabilità a livello distrettuale è stato calcolato sulla base di sette indicatori che comprendono la deprivazione di conoscenze (tasso di alfabetizzazione), la deprivazione di risorse (mancanza di servizi igienici, di elettricità e di acqua potabile) e la densità di popolazione. È stata poi determinata la correlazione tra gli indicatori di vulnerabilità e l’incidenza del COVID-19 e – per misurare sia la vulnerabilità specifica che quella complessiva – i risultati sono stati presentati geograficamente in distretti. Sebbene l’obiettivo di questa analisi non fosse quello di stimare il rischio di infezione di un distretto, sono state trovate correlazioni positive significative tra la vulnerabilità e il tasso di incidenza dell’intensità del COVID-19 a livello distrettuale. L’indice proposto vuole offrire ai pianificatori e ai responsabili delle decisioni uno strumento per coordinare in modo efficiente le regioni di assegnazione dei vaccini e per attuare politiche di riduzione del rischio, per migliorare la preparazione e la reazione alla pandemia da COVID-19. In pratica l’autore ha utilizzato la tecnologia geospaziale – ampiamente utilizzata per analizzare i rischi ambientali – per valutare la vulnerabilità della pandemia da COVID-19 per la gestione e il piano strategico.

Il secondo contributo è il capitolo, contenuto nella parte III del volume focalizzata sulle strategie di adattamento, scritto da Mehebub Sahana, Sufia Rehman, Raihan Ahmed e Haroon Sajjad – quattro studiosi indiani di diverse università – e intitolato “Assessing the Impact of Disasters and Adaptation Strategies in Sundarban Biosphere Reserve, India: A Household Level Analysis”. La frequenza dei rischi multipli indotti dai cambiamenti climatici è – come già detto – aumentata, rendendo le aree costiere più a rischio. Pertanto, l’elaborazione di strategie di adattamento adeguate è essenziale per ridurre l’impatto di tali rischi sulle comunità locali. La maggior parte degli studi in letteratura ha affrontato diversi aspetti della vulnerabilità ai disastri costieri, ma l’adattamento basato sulla comunità è rimasto piuttosto marginale nella letteratura esistente. In questo lavoro gli autori hanno cercato di valutare l’impatto dei disastri sulle comunità costiere e di esplorare le relative strategie di adattamento appropriate nella Riserva della Biosfera di Sundarban, nel Bengala occidentale dell’India, sito patrimonio dell’umanità dell’UNESCO e noto per essere riserva della tigre del Bengala. I dati relativi ai vari aspetti dei disastri costieri sono stati raccolti tramite un’indagine sul campo a livello familiare, con questionari compilati da 570 famiglie dell’area di studio. I risultati hanno rivelato che i cicloni e le inondazioni, con i relativi effetti dell’intrusione di salinità e dell’erosione costiera, hanno colpito in larga misura le comunità costiere e che la migrazione ex-situ è risultata la strategia di adattamento preferita e ritenuta efficace nei blocchi costieri della Riserva. Le migrazioni, dunque, come risposta alternativa a una relazione insoddisfacente con il proprio ambiente, le migrazioni come strategia di “uscita” (exit) nella celebre terminologia introdotta da Albert Hirschman. Le attività ittiche alternative e la coltivazione di gamberi sono risultate le altre misure di adattamento in situ adottate dalle comunità locali. Per la mitigazione dei rischi futuri gli autori suggeriscono la partecipazione delle comunità (si potrebbe dire il ricorso anche alle strategie di una maggiore “voce” e peso politico delle comunità locali, facendole partecipare attivamente e sostenendo eventuali trasformazioni lavorative), oltre a un sistema di allerta precoce, al monitoraggio dei rischi di inondazione, alla creazione di centri per i cicloni, alla costruzione di argini, strutture sanitarie adeguate e alla diversificazione dei mezzi di sussistenza.

In breve, si tratta di una raccolta di studi che fornisce un’ampia varietà di esempi di come la ricerca intenda contribuire alla riduzione del rischio di catastrofi in India e, più ingenerale, nel continente asiatico. I rischi geofisici e meteorologici minacciano la vita, la salute e la sicurezza alimentare, ma esistono soluzioni, alcune delle quali sono descritte nei capitoli di questo libro.