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Libano tra guerra e riforme: come il conflitto ridefinisce governance, sanità e istruzione

Eid Christopher

Secondo Paese più piccolo del Medio Oriente, dopo il Bahrein, il Libano rappresenta un caso unico nella regione, alle prese con molteplici sfide che minano i pilastri politico, economico, della sicurezza e sociale. Al centro di queste sfide vi sono l’afflusso di rifugiati siriani, generato dal conflitto, e la guerra tra Hezbollah e Israele, che hanno esercitato una pressione enorme su un’infrastruttura nazionale già fragile. Questa situazione ha acuito le divisioni interne, mettendo a serio rischio l’attuazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDG), in particolare quelli relativi a governance, salute e istruzione.

La realtà di un conflitto in corso e l’impatto sugli SDG

La persistente instabilità politica in Libano, unita alla devastante guerra nella vicina Siria, che si sarebbe recentemente conclusa con la caduta di Assad, ha provocato sconcerto in varie fazioni del Paese. Da tempo il Libano è uno Stato fragile, segnato da divisioni settarie e da un delicato equilibrio politico fra componenti diverse. Lo spostamento forzato di siriani, insieme alla storia di conflitti interni, ha assottigliato le risorse nazionali. Gli SDG legati alla governance (SDG 16), alla salute (SDG 3) e all’istruzione (SDG 4) hanno subito gravi battute d’arresto. La situazione è peggiorata nel 2024, quando il conflitto tra Israele ed Hezbollah, che ha radici profonde, è riesploso a causa di una progressiva escalation iniziata con l’attacco di Hamas contro Israele il 7 ottobre 2023 e la successiva decisione di Hezbollah di unirsi al conflitto come parte dell’Asse della Resistenza guidato dall’Iran a fianco di Hamas e si è trasformato in una vera e propria guerra israeliana contro Hezbollah in Libano, amplificando i rischi in una regione già instabile.

Il panorama politico locale è fortemente influenzato dal ruolo di Hezbollah, movimento politico-militare legato all’Iran e coinvolto in vari conflitti regionali, che nel tempo ha accresciuto il proprio potere, complicando la stabilità interna del Paese. Oggi, dopo le uccisioni mirate che hanno colpito la leadership di Hezbollah – prima con l’evento senza precedenti, a metà settembre 2024, quando migliaia di cercapersone e walkie-talkie in possesso dei membri di Hezbollah in tutto il Libano sono esplosi simultaneamente, uccidendo e ferendo migliaia di persone, poi con l’uccisione di alcuni alti comandanti di Hezbollah e, infine, con l’uccisione del Segretario Generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, in un attacco aereo il 27 settembre 2024 – la distruzione di gran parte del suo arsenale, il blocco del flusso di armi e denaro attraverso l’unico aeroporto del Paese e la chiusura dei passaggi di frontiera illegali con la Siria, oltre al bombardamento della sua rete finanziaria e alla caduta del principale alleato, Assad, il governo libanese si trova di fronte a un’occasione forse irripetibile. Un’opportunità generata da una lunga sequenza di eventi, intrecciata con interessi geopolitici tra Israele, Stati Uniti e Paesi arabi, che affonda le radici nel 14 marzo 2005, quando il popolo libanese lanciò al mondo il forte appello per «Libertà, Sovranità e Indipendenza», chiedendo la fine dell’influenza siriana: obiettivo mai pienamente raggiunto, per i legami interni con il regime di Damasco.

La guerra Hezbollah-Israele e le implicazioni per lo Stato libanese

In questo articolo passiamo in rassegna, in sintesi, le diverse dimensioni della guerra e i suoi effetti sul Libano e sulla localizzazione degli SDG. L’ultima guerra tra Israele e Hezbollah, scoppiata nell’estate del 2023, è una delle pagine più dolorose della storia recente del Paese per durata e per i danni politici, sociali, sanitari, educativi ed economici. Le conseguenze, tuttora evidenti, probabilmente perdureranno per oltre cinque anni, come già accaduto dopo il conflitto del 2006, sebbene quest’ultimo fosse più breve e meno devastante.

Durante il conflitto e i bombardamenti israeliani, circa il 40% delle scuole pubbliche è stato trasformato in rifugio e tra il 10 e il 15% ha cessato completamente le attività. Oltre 500 scuole sono state chiuse o riconvertite in centri di accoglienza, mentre altre hanno continuato a funzionare solo nelle aree più sicure. Grandi istituzioni educative del Sud, della Beqaa e della periferia sud di Beirut hanno dovuto sospendere le lezioni; molti studenti sono stati costretti a trasferirsi in zone più tranquille, sia perché gli edifici scolastici erano utilizzati come alloggi temporanei, sia perché vi si tenevano corsi con docenti anch’essi sfollati.

La guerra ha inciso pesantemente anche sulle riforme governative, sulla pace (SDG 16) e sul funzionamento delle istituzioni umanitarie, costringendo esercito, forze di sicurezza interna, Ministero dell’Interno e municipalità a trasformarsi in strutture di emergenza per la gestione degli sfollati, la riapertura delle scuole, l’organizzazione della viabilità e la distribuzione degli aiuti alimentari. Molte organizzazioni umanitarie impegnate in progetti finanziati dall’UE (European Neighborhood Policy, ENP) o da fondi francesi – come il progetto di accompagnamento al rafforzamento delle competenze del personale sanitario nel settore pubblico in Libano (Projet d’Accompagnement au Renforcement des Acquis du personnel Médical et Paramédical dans le secteur public au Liban, PARAMED) per la formazione del personale sanitario – hanno sospeso le attività e lasciato il Paese. Secondo il sito indipendente Al-Monitor, durante il conflitto circa 100 mila appartamenti sono stati danneggiati (anche se non completamente distrutti). Nel frattempo, la disoccupazione è aumentata drasticamente per la chiusura di imprese e negozi: nel 2019 era intorno all’11%; in due anni ha raggiunto circa il 29% tra i giovani.

Impatto sulla politica nazionale

Il 15 febbraio 2025 i sostenitori di Hezbollah hanno bloccato le strade che portano all’aeroporto internazionale Rafic Hariri e, il 14 febbraio, è stato attaccato un veicolo della Forza di interposizione delle Nazioni Unite in Libano, la missione di mantenimento della pace istituita dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (United Nations Interim Force in Lebanon, UNIFIL) in transito: proteste legate alla decisione libanese di vietare l’atterraggio a un volo iraniano di Mahan Air. Dopo la firma di un accordo tra Hezbollah e Israele, sostenuto dal presidente del Parlamento Nabih Berri – storico alleato del movimento – il partito ha subito un duro colpo sul piano militare e politico. L’intesa ha fermato le operazioni belliche, ma ha anche messo in luce l’incapacità di Hezbollah di resistere alle pressioni regionali e internazionali. Si sono così moltiplicate in Libano le voci che chiedono il disarmo del gruppo: non solo Forze Libanesi, Kataeb e il partito di Fares Souaid, ma per la prima volta anche il Movimento Patriottico Libero – tradizionalmente vicino a Hezbollah – e altre figure un tempo alleate, come Ousama Saad (della città di Sidone) e Faysal Karami (della città di Tripoli, nel Libano settentrionale).

Conclusioni

Per rilanciare un processo di sviluppo e pace in Libano è fondamentale promuovere un impegno di tutti a favore della cosiddetta localizzazione degli SDG, che richiede un approccio sofisticato e multidimensionale, basato su interventi programmatici da parte del governo e delle autorità. Ciò può avvenire attraverso un processo in cinque livelli: rafforzare la resilienza istituzionale; sviluppare meccanismi di governance adattiva; migliorare la collaborazione tra municipalità e ministeri; creare politiche flessibili capaci di rispondere a un contesto umanitario in continuo mutamento; e, infine, costruire un ecosistema di partecipazione che garantisca un coordinamento tra partiti politici, municipalità e partner internazionali. Un simile approccio rafforzerebbe le istituzioni, combatterebbe la corruzione e promuoverebbe una crescita sostenibile.

L’istruzione è fondamentale per promuovere una trasformazione culturale all’insegna della pace. Per ottimizzare SDG 3 (Salute e Benessere), SDG 4 (Istruzione di Qualità) e SDG 16 (Pace, Giustizia e Istituzioni Solide), è fondamentale affrontare la crisi alla radice, perché significa agire sui tre aspetti fondamentali: lo stato fisico e mentale delle persone (Salute), la loro formazione (Istruzione) e la struttura sociale e politica (Pace). Per far ciò occorre avviare meccanismi di consultazione sociale tra autorità politiche e comunità educante, in collaborazione con gli enti locali e con finanziatori esterni come l’UE, così da ridisegnare in modo sostenibile il «nuovo contratto sociale» dell’educazione. Ciò richiede di rimuovere e chiamare a rispondere i funzionari corrotti del Ministero dell’Istruzione e del Centro per la Ricerca e lo Sviluppo Educativo, nominando dirigenti dotati di integrità, competenza ed esperienza nella gestione pubblica, e rafforzando il ruolo degli ispettori scolastici. Serve infine un team omogeneo e indipendente di specialisti dell’educazione che supporti i nuovi decisori nella costruzione di una strategia nazionale 2025-2030 per l’istruzione in tempi di crisi, fondata su solidi presupposti partecipativi.