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Il restauro delle praterie di fanerogame a Kerkennah: un modello di rigenerazione marina

Abdelkader Nada

Nel cuore del Mediterraneo, al largo della costa orientale della Tunisia, si trova l’arcipelago di Kerkennah, un luogo in cui natura e persone convivono da secoli in un delicato equilibrio. Kerkennah è piena di vita, sia sopra sia sotto il mare. Uno dei suoi tesori più preziosi è una pianta marina chiamata Posidonia oceanica. Questa fanerogama, presente solo nel Mediterraneo, cresce in ampie praterie sottomarine. Queste praterie aiutano il mare a “respirare” producendo ossigeno, immagazzinando carbonio, proteggendo la terra dall’erosione e offrendo ai pesci un luogo in cui vivere e crescere. Per gli abitanti di Kerkennah, la Posidonia è più di una pianta marina: sostiene il loro modo di vivere. La Posidonia oceanica fa parte della vita quotidiana a Kerkennah. In passato, si usava la posidonia essiccata per isolare le case, curare malanni con rimedi tradizionali, ecc. Questa pianta marina ha servito generazioni in tutto il Mediterraneo e mantiene ancora oggi il suo valore.
Una delle tradizioni più belle dell’isola è la «Charfiya», un metodo di pesca tramandato di generazione in generazione. Realizzata con foglie di palma verdi, la Charfiya è installata in acque basse dove crescono le praterie di Posidonia. Guida dolcemente i pesci verso trappole sfruttando il movimento delle maree. I pesci restano vivi e illesi fino alla raccolta. Ogni autunno le famiglie si riuniscono per ricostruire queste strutture, mantenendo in vita sia l’ecosistema marino sia la loro identità culturale. Riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio culturale immateriale, la Charfiya è più di una tecnica di pesca: è un simbolo di armonia tra esseri umani e mare.

Ma oggi questo equilibrio pacifico è in pericolo.

Le palme un tempo utilizzate per costruire la Charfiya stanno scomparendo. I cambiamenti climatici, l’innalzamento del livello del mare, l’inquinamento da plastica, i suoli salini stanno danneggiando la terra e il mare dell’isola. In molte aree, la plastica ha sostituito le fibre naturali di palma, rendendo la pesca meno sostenibile e più dannosa per la vita marina. Pesci e polpi sono sempre più difficili da trovare. Il traino illegale della pesca a strascico, una tecnica distruttiva usata in acque basse, sta strappando le praterie di Posidonia. Nel Golfo di Gabes, circa l’80% di queste praterie è già andato perduto, causando danni per milioni di euro. Con il calo degli stock ittici, le famiglie perdono reddito, i giovani se ne vanno e le comunità iniziano a sfaldarsi.

Di fronte a queste sfide, un gruppo di scienziati tunisini dell’ONG locale “Tunisian Association of Taxonomy” (ATUTAX) ha deciso di agire. Hanno avviato un progetto pilota per proteggere ciò che conta di più – natura, cultura e comunità – lavorando fianco a fianco con pescatori locali, giovani, artigiane, ONG, agricoltori e imprese private. Durante un incontro comunitario, un giovane agricoltore si è alzato e ha detto: «Non sono mai andato a scuola. Non so che cosa significhi cambiamento climatico. Ma so questo: se vuoi proteggere la Charfiya, se vuoi proteggere il mare, devi proteggere le palme. Niente palme, niente tradizione. Niente tradizione, niente futuro». Quel momento ha colto il cuore del progetto: tutto è connesso – il mare e la terra, il passato e il futuro.

Il primo passo è stato ripristinare le praterie danneggiate di Posidonia oceanica. Gli scienziati hanno scelto i siti di restauro sulla base di ricerche sul campo, ma anche ascoltando i pescatori locali, che nel tempo hanno osservato i cambiamenti del mare. Hanno raccolto preziose conoscenze tramite indagini e interviste; poi è sorta la domanda: come ripristinare le praterie?
È allora che hanno avuto un’idea bellissima: usare la tradizione per salvare la natura. Ispirandosi alla Charfiya e a un altro metodo tradizionale chiamato Drina, hanno progettato strumenti di restauro ecocompatibili usando foglie di palma. Questi modelli sono stati realizzati con l’aiuto delle donne del posto, generando reddito e opportunità e al tempo stesso rilanciando competenze ancestrali.

Il team è poi uscito in mare, a bordo delle barche dei pescatori, insieme a volontari, studenti e eco-guardie della futura area marina e costiera protetta, tutti formati in un laboratorio sul restauro della Posidonia. Il sito, situato nella futura area protetta di Kerkennah, è stato selezionato con cura. Lì hanno avviato le attività di restauro raccogliendo frammenti di Posidonia naturalmente distaccati, inserendoli nei modelli a base di palma, misurando parametri scientifici e immergendoli delicatamente per fissarli al fondale. Questo primo intervento di restauro ha coperto un’area di 300 metri quadrati.

Ora il team è nella fase post-restauro, osservando come cresce la Posidonia e se il metodo ha bisogno di aggiustamenti. Pescatori e co-gestori locali stanno aiutando a monitorare e proteggere il sito. Non sono più solo beneficiari: sono partner a pieno titolo di questo lavoro.
Successivamente, una delle scienziate è entrata a far parte di un impegno più ampio, sostenuto dal Knowledge and Scientific Network (KSN). Con il supporto del KSN, il progetto ha iniziato a evolvere, trovando una nuova direzione che intreccia tutti i suoi obiettivi: proteggere la natura, migliorare la vita delle persone e assicurare che il mare resti una fonte di cibo e sostentamento per le generazioni future.

Il Comune, autorità locale, è intervenuto non come ospite, ma come partner chiave. Insieme a scienziati, pescatori e membri della comunità, ha iniziato a definire regole locali. Questa collaborazione avvicinerà il progetto a politiche e decisioni reali che incidono sulla vita quotidiana.
Questa alleanza tra scienza e leadership locale non riguarda più solo studi o rapporti: si tratta di costruire qualcosa di reale, duraturo, che la comunità possa comprendere, sostenere e di cui possa andare fiera.

Il progetto sta anche contribuendo a fare sensibilizzazione. Insegna ai pescatori e alla comunità più ampia in che modo alcuni attrezzi e pratiche di pesca danneggiano gli habitat marini, e mostra come proteggere la biodiversità porti benefici non solo alla natura, ma anche al lavoro, al cibo e alle generazioni future. Immaginate se questo progetto pilota potesse crescere fino a raggiungere aree più estese e coinvolgere più persone: l’impatto sarebbe straordinario, non solo per Kerkennah ma per la Tunisia e tutto il Nord Africa.

Ripristinare la Posidonia significa ripristinare il mare, e quando il mare sta bene, la comunità diventa più forte. Questo progetto pilota non riguarda solo il restauro: sta anche tracciando un nuovo percorso di policy per il recupero ecologico in Tunisia e nella regione. Lungo il cammino, il team ha imparato che ascoltare i saperi locali è importante quanto la scienza, che usare un linguaggio semplice rende reali e comprensibili le questioni complesse, e che quando le persone sentono proprio un progetto, restano impegnate anche dopo che gli scienziati se ne sono andati.

Ciò che accade a Kerkennah è un esempio di ciò che chiamiamo soluzione basata sulla natura. Significa usare la forza della natura – collaborando con essa, non contro di essa – per affrontare problemi come cambiamenti climatici, perdita di biodiversità e declino economico. Ripristinando la Posidonia oceanica con strumenti ispirati alle tradizioni locali, questo progetto protegge l’ambiente marino e al tempo stesso crea lavoro, rafforza l’identità culturale e sostiene la pesca sostenibile. Mostra che il restauro ecologico non è un lusso: è un investimento nelle economie locali, nella sicurezza alimentare e nella resilienza delle comunità costiere.

Il lavoro di ripristino degli habitat formati dalle piante marine costituisce un esempio concreto di come gli obiettivi globali possano essere applicati a livello locale. Contribuisce direttamente all’SDG 14 (Vita sott’acqua), all’SDG 13 (Azione per il clima) e all’SDG 11 (Città e comunità sostenibili). Combinando scienza, tradizione e azione comunitaria, Kerkennah sta dimostrando come le piccole comunità insulari possano guidare il percorso del restauro marino sostenibile.

Quando la natura è rispettata, restituisce. Il mare diventa più sano, gli stock ittici ritornano e le famiglie possono restare invece di partire. Queste soluzioni non fanno bene solo al pianeta: fanno bene alle persone. Offrono una visione di futuro in cui conservazione ed economia vanno di pari passo, in cui antichi saperi incontrano la scienza, e in cui piccole isole come Kerkennah diventano modelli di sostenibilità costiera in tutto il Mediterraneo e oltre.

 

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Foto credits: Nada Abdelkader