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Guatemala: un conflitto tra democrazia illiberale e trappola della cleptocrazia

Parte 1: Brevi cenni storici per comprendere meglio la complessa costruzione della democrazia in Guatemala

Corlazzoli Juan Pablo

 

Luglio 1944: la fine del periodo dittatoriale del generale Ubico

Il generale Ubico instaurò un regime fortemente repressivo che durò 14 anni. Le sue dimissioni furono dovute alle manifestazioni pro-democrazia e ai cambiamenti delle condizioni socio-politiche.

Queste manifestazioni guidate dai lavoratori della scuola, dagli insegnanti, dai  primi sindacalisti e da varie organizzazioni di donne furono supportate da una richiesta di dimissioni firmata da 311 cittadini con posizioni di rilievo e prestigio nella società.

L’Assemblea legislativa controllata dai sostenitori di Ubico nominò presidente provvisorio il generale Federico Ponce, che fu sconfitto militarmente il 20 ottobre 1944 da forze composte da militari, studenti universitari e lavoratori.

In Guatemala cresceva, nella società civile, il bisogno di instaurare un regime democratico. Tale bisogno fu rafforzato dagli eventi internazionali: da un lato la sconfitta dei Paesi dell’Asse, dall’altro la promozione dei valori democratici da parte degli Stati Uniti sotto la presidenza di Franklin D. Roosevelt, il cui governo interruppe lo storico sostegno ai regimi dittatoriali del Guatemala. Si concluse così il ciclo autoritario iniziato nel 1871.

1944 – 1954: l’inizio della Primavera democratica

Le conseguenze più importanti della Rivoluzione d’Ottobre furono la promulgazione di una nuova Costituzione, frutto di un’Assemblea Costituente eletta attraverso il suffragio universale, con l’obiettivo di instaurare la democrazia nel Paese e di indire elezioni per eleggere il presidente e il vicepresidente dell’esecutivo.

Il testo della nuova Costituzione, approvato nel marzo 1945, introdusse importanti cambiamenti istituzionali, legati alla separazione dei poteri dello Stato, alla modifica dell’organizzazione delle Forze armate e alla creazione del Consiglio di difesa nazionale, furono inoltre aboliti il lavoro forzato e la detenzione per debiti. Fu riconosciuto il diritto alla previdenza sociale, al lavoro e all’istruzione per tutti i cittadini, al riconoscimento delle donne come cittadine e al diritto di voto, ad eccezione delle donne analfabete, e all’autonomia dell’Università San Carlos. Nelle elezioni del dicembre 1944 per il periodo 1945-1951, Juan José Arévalo fu eletto presidente e Jacobo Árbenz vicepresidente, con l’85% dei voti.

Juan José Arévalo era uno stimato accademico e un illustre pedagogo che, dal 1936 fino al suo ritorno in Guatemala nel 1944, visse in Argentina perché perseguitato dalla dittatura ubiquista.

Tra le sue principali riforme vi furono la promulgazione del Codice del lavoro, la costituzione della Sicurezza sociale attuata dall’istituto guatemalteco di Sicurezza sociale (con l’obiettivo di fornire assistenza medica a tutta la popolazione attiva e di rendere effettivo il diritto alla pensione e al sistema pensionistico), la creazione della Banca del Guatemala con le funzioni di Banca centrale, molteplici misure nel campo dell’istruzione resa universale, di qualità e accessibile a tutti garantendo la libertà di espressione e di organizzazione eccezion fatta per il Partito Comunista e il funzionamento delle sue scuole di formazione. Il suo governo fu eterogeneo, con una significativa presenza di giovani politicamente inesperti, e si contraddistinse per lo sviluppo di importanti spazi di dialogo e di costruzione del consenso tra le diverse sezioni dell’esecutivo e all’interno della società, favorendo il dialogo diretto tra i rappresentanti dei settori imprenditoriali e delle organizzazioni dei lavoratori e dei contadini, al fine di stabilire contenuti condivisi per le politiche pubbliche, in particolare lo Statuto dei lavoratori.

Dovette affrontare una significativa opposizione proveniente da una parte dal mondo imprenditoriale e politico, e in particolare da parte dell’azienda statunitense di banane United Fruit Company, che si opponeva alle norme sancite dallo Statuto dei lavoratori

Il contesto internazionale dominato dalla Guerra Fredda determinò una radicalizzazione del giudizio nei confronti delle riforme a favore dei lavoratori bollate come socialiste o comuniste da parte degli oppositori. Per contro una parte dello schieramento governativo spingeva per cambiamenti sociali ancora più radicali.

1954: fine della Primavera democratica

Per il periodo 1951-1955 fu eletto il colonnello Jacobo Árbenz, il suo obiettivo era la trasformazione del sistema economico al fine di ottenere un Paese economicamente indipendente, per il quale si dovevano superare strutture e modalità economiche obsolete in nome di uno sviluppo basato su un capitalismo che modernizzasse e dinamizzasse l’economia determinando una migliore e più alta qualità di vita per la grande maggioranza della popolazione.   A tal fine, una delle sue principali priorità fu l’attuazione della riforma agraria per modernizzare i rapporti di lavoro e di produzione nel settore rurale, per contribuire all’espansione del mercato interno e per consentire a una parte significativa dei contadini di accedere alla proprietà della terra.

Nonostante le terre da espropriare fossero i grandi latifondi incolti e le proprietà statali e non era previsto che fossero coinvolte le  proprietà di dimensioni inferiori a 90 ettari, ci fu una fortissima opposizione da parte di alcuni grandi proprietari terrieri raggruppati nell’Associazione degli agricoltori guatemaltechi e, soprattutto, da parte dell’azienda statunitense delle banane, i cui azionisti includevano i fratelli Dulles, uno dei quali direttore della CIA (Central Intelligence Agency). A causa dell’altissimo livello di polarizzazione all’interno della società guatemalteca, degli effetti dei complessi processi di esproprio delle terre, alcuni dei quali comportarono episodi di violenza, e del colpo di Stato attuato con l’invasione armata guidata dal colonnello Castillo Armas, fortemente sostenuta dagli Stati Uniti attraverso la CIA, Jacobo Árbenz si dimise dalla presidenza il 27 giugno 1954, andando in esilio, così come l’ex presidente Arévalo, in Uruguay.

Con l’insediamento del governo di fatto e l’abbandono da parte di importanti settori della dirigenza del Paese dell’obiettivo di promuovere la costruzione di un modello socio-politico democratico, il periodo della Primavera democratica si concluse, aprendo un prolungato periodo di oltre 40 anni di governi dittatoriali e autoritari fino al 1986.

Tutto quest’ultimo periodo fu fortemente influenzato dal contesto internazionale e la vita politica guatemalteca fu profondamente influenzata dall’andamento della Guerra Fredda.

1985-1993: prima fase della rinascita della democrazia

Durante i trent’anni di interruzione democratica, il Guatemala visse fasi politiche e sociali molto convulse, segnate da grande violenza, violazione dei diritti umani e lo sviluppo di un conflitto armato interno durato 36 anni.

La nuova fase democratica fu riavviata con una nuova Costituzione e la convocazione di elezioni generali.

Nuova Costituzione

Il testo, messo a punto nel maggio 1985 dalla Commissione costituente, pose l’accento su una maggiore apertura democratica, sulla salvaguardia e la difesa dei diritti umani, sulla creazione dell’Ufficio dell’Ombudsman per i diritti umani, sulla Corte costituzionale, sull’indipendenza del Tribunale elettorale supremo (Tribunal Supremo Electoral, TSE), sui criteri e i meccanismi di elezione delle autorità giudiziarie, sul decentramento e sul rafforzamento del potere locale, sul divieto di rielezione dei presidenti e delle persone che avevano partecipato a colpi di Stato.

Elezioni

Nel novembre dello stesso anno furono eletti alle due più alte cariche dello Stato il presidente e vicepresidente cristiani-democratici Vinicio Cerezo e Carpio Nicolle, che avviarono un radicale programma di riforme, che fu fortemente osteggiato da parte del settore imprenditoriale, riunito nel coordinamento delle diverse Camere del commercio, e dai membri delle forze armate, che tentarono cinque colpi di Stato.

Promuovere i processi di pace e il rafforzamento democratico nella regione

Un’altra priorità del nuovo governo fu la promozione di un processo di pace, si avviarono incontri di dialogo con i settori insorti dell’Unità rivoluzionaria nazionale guatemalteca (Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca, URNG).  I colloqui furono fortemente contrastati dai settori più conservatori del Paese e dai membri delle forze armate.

Il presidente Cerezo, con l’appoggio del Gruppo Contadora composto da Colombia, Messico, Panama e Venezuela, riuscì a convocare gli stati generali di Esquipulas con la partecipazione di tutti i Paesi dell’America Centrale, stabilendo Esquipulas II, la firma del documento che fa riferimento al raggiungimento di una pace solida e duratura per porre fine ai tre conflitti armati esistenti in El Salvador, Guatemala e Nicaragua e rafforzare il nuovo processo di democratizzazione, con le elezioni in Nicaragua ed El Salvador.

La promozione di processi negoziali per porre fine ai conflitti armati era, di fatto, diametralmente opposta all’approccio promosso dagli Stati Uniti e dai settori più conservatori di queste società, che optavano per una soluzione puramente militare.

1991 – 1993: il governo del presidente Serrano Elias e l’auto-golpe di stato

Nel 1991 fu eletto Serrano Elías che, nel maggio 1993, a causa delle difficoltà che incontrava nell’attuazione del piano del suo governo, oltre alla crescente mancanza di prestigio dovuta alla corruzione e all’opposizione da parte dell’opinione pubblica, attuò un colpo di Stato, sciolse il Congresso della Repubblica, la Corte suprema di Giustizia, destituì il Mediatore per i diritti umani e sospese 43 articoli della Costituzione.

Oltre ad un forte rifiuto a livello nazionale, questa misura produsse una reazione molto dura a livello internazionale.  Gli Stati Uniti decisero di annullare gli accordi commerciali preferenziali.  I ministeri degli Esteri di diversi Paesi, compresi quelli europei, sospesero i rapporti diplomatici e commerciali.  Entrambe le misure generarono preoccupazioni nei settori economici e nelle forze al potere, che accelerarono l’adozione di misure per la formazione di un nuovo governo composto da Ramiro de León, Mediatore per i diritti umani, e Arturo Herbruger, presidente del TSE.

1996: Accordi di pace

Durante il governo del presidente Álvaro Arzú, il processo negoziale degli Accordi di pace subì un’accelerazione, furono infatti firmati il 29 dicembre 1996.  L’Accordo per una Pace Salda e Duratura, a corollario degli 11 accordi tematici firmati in precedenza, copriva molti temi  e  cercava di dirimere e regolamentare le controversie  che avevano generato i 36 anni di conflitto armato, tra cui i diritti umani, l’identità e i diritti delle popolazioni indigene, gli aspetti socio-economici e la situazione agraria, il rafforzamento del potere civile e il ruolo dell’esercito in una società democratica, il reinsediamento delle popolazioni sradicate dal conflitto armato, le riforme costituzionali e il regime elettorale.

Questi Accordi furono accolti da gran parte della popolazione e della comunità internazionale con la speranza dell’inizio di una nuova fase di  rinascita democratica, un percorso che avrebbe permesso di raggiungere migliori livelli di sviluppo e di qualità della vita, nonché l’opportunità di realizzare una società più integrata attraverso una più completa inclusione della popolazione indigena, che avrebbe potuto godere dei benefici di un maggiore riconoscimento dei propri diritti in molteplici dimensioni.

L’attuazione di questi Accordi generò un processo di organizzazione e di interazione integrata di più attori di grande spessore: personalità rilevanti del governo, membri dei settori insorti, rappresentanti di organismi importanti della società civile e dalla comunità internazionale rappresentata dalle Nazioni Unite.

I membri delle diverse organizzazioni coinvolte nel processo di pace svolsero un compito estremamente prezioso e complesso per concretizzare gli oltre 420 impegni politici stabiliti dal governo e dall’URNG.  Queste attività coinvolsero molti settori della società, ma soprattutto puntavano ad una vasta riforma da attuare nei tre poteri fondamentali dello Stato.

Seconda metà degli anni Novanta: difficoltà e limiti nel rispetto degli accordi di pace

Sebbene gli accordi avessero definito come obiettivo fondamentale la cessazione del conflitto armato e dei gravi atti violenti, ciò non significava una trasformazione radicale del sistema politico e socio-economico, e il programma di governo formulato prima della firma finale rimase in vigore. I settori che si opponevano agli Accordi, sia perché sostenevano che  l’URNG non fosse legittimato a negoziare, sia a causa di quello che chiamavano interventismo internazionale – soprattutto per la presenza delle Nazioni Unite nei negoziati e l’esistenza della Missione di verifica in Guatemala (Misión de Verificación de las Nacionas Unidas en Guatemala, MINUGUA) – sia per il disaccordo con alcune nuove norme che modificavano lo status quo dei settori civili e militari, avviarono forti campagne di disinformazione, resistenza e di non rispetto degli accordi. Questo ostruzionismo comportò pesanti ombre per la nascente democrazia come l’insuccesso della Consultazione popolare sulla riforma costituzionale e del Patto fiscale che cercava di raggiungere l’obiettivo di un aumento significativo delle entrate fiscali rispetto alla ricchezza prodotta.

Tra i settori di potere fortemente contrari, furono molto attivi il Comitato di coordinamento delle associazioni agricole, commerciali, industriali e finanziarie e l’Associazione dei veterani militari, composta da ex membri dell’esercito che avevano partecipato agli episodi più violenti della guerra.

Inoltre, ci fu una forte campagna di disinformazione sui rischi di alcune riforme a favore delle popolazioni indigene, considerate molto negativamente, e sull’applicazione delle norme del diritto indigeno tradizionale.

Si deve, inoltre, notare l’estrema debolezza dell’URNG nel mobilitare settori significativi della popolazione, la grande fragilità dei partiti politici, l’estrema riluttanza di alcuni partiti ad approvare le misure legislative necessarie per la realizzazione degli accordi e la scarsa capacità delle ONG di tradurre la grande influenza acquisita nella società civile grazie al rilevante lavoro per la pace e la realizzazione degli accordi in richieste da esprimere attraverso il voto.

 

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Foto Credits: Juan Francisco, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons