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Femminilità e leadership nel contesto della controversa emancipazione femminile nelle aziende agricole a conduzione familiare in Benin

Ezin Obossou Hypolite

Il presente articolo intende porre alcuni interrogativi a proposito dell’analisi degli stereotipi di genere che influenzano l’emancipazione sociale delle donne nelle aziende agricole del Benin.

Il Benin è uno Stato dell’Africa occidentale che copre un’area di 114.763 km2 e si estende per oltre 700 km, dal fiume Niger, a nord, fino alla costa atlantica, a sud, e che nel 2016 contava una popolazione di 10.741.458 abitanti. Il Paese è uno degli Stati membri dell’ECOWAS e confina con il Togo a ovest, la Nigeria a est, il Niger a nord-est e il Burkina Faso a nord-ovest.

La Dichiarazione sulla politica di sviluppo rurale del Benin (DPDR) del 2000 promuove l’integrazione trasversale degli aspetti di genere e di sviluppo in tutte le azioni volte allo sviluppo agricolo e rurale. L’analisi di genere è lo strumento che può fornire una migliore comprensione dei ruoli e delle responsabilità degli uomini e delle donne. Si basa sul principio che i ruoli rispettivamente assegnati dalla società agli uni e alle altre sono di fondamentale importanza. In termini pratici, l’analisi di genere implica che si faccia uno sforzo particolare per identificare e includere tutti gli attori coinvolti, uomini o donne che siano. In effetti, è essenziale non considerare gli uomini o le donne come gruppi omogenei, ma analizzare le specificità di ciascun gruppo di popolazione.

La distribuzione per genere dei capifamiglia agricoli indica che le donne rappresentano soltanto il 15,7% del totale, il che evidenzia la preponderanza dei capifamiglia maschi. Sebbene poche donne risultino ricoprire il ruolo di capofamiglia, molte di esse sono impegnate nell’agricoltura. Infatti, il 30,5% dei produttori del Paese sono donne. Allo stesso modo, il 46,9% della forza lavoro agricola è di sesso femminile. Inoltre, la suddivisione per fasce d’età consente di evidenziare che le donne sono la maggioranza tra i lavoratori agricoli di età compresa tra i 25 e i 34 anni (fonte: Directorate of Agricultural Statistics, 2023)

Nel corso degli anni le dinamiche sociali hanno sempre avuto un’influenza  sugli attori del mondo agricolo, in seguito alle trasformazioni ambientali e alla necessità di affrontare nuove sfide. In un mondo in corso di modernizzazione, trasformazioni strutturali e forte meccanizzazione, e soprattutto in Africa e in Benin – dove le sfide della produzione, della trasformazione e della commercializzazione si stanno evolvendo di pari passo con un aumento delle conoscenze – gli attori coinvolti nel settore agricolo sono inclini a potenziare il loro “habitus” e le loro modalità di funzionamento (Bourdieu, 1986; Lachaise-Benoist, 2001).

I cambiamenti operativi e strutturali nel settore agricolo alla ricerca di uno sviluppo e di un’agricoltura sostenibili contribuiscono a rafforzare le disuguaglianze di genere (Landais, 1998). Purtroppo, ancora oggi, le strutture sociali e le interazioni dinamiche a supporto di tale ricerca si scontrano con stereotipi di genere che tendono a renderla inefficace e squilibrata (Rélouendé et al., 2012). Prendendo in considerazione la duplice categorizzazione degli attori del mondo agricolo in uomini e donne, si evidenziano sfide di sviluppo personale che rivelano la scarsa conoscenza del lavoro delle donne, nonostante la loro partecipazione attiva nelle aziende agricole (Barberis, 1963; Yedusenge et al., 1990). Così, le donne diventano un attore strategico in termini di capitale nelle aziende agricole in virtù della loro forte partecipazione e presenza attiva in tutte le fasi, ma rimangono un anello debole nelle modalità e nei processi decisionali (Droz et al., 2014; Onibon Doubogan & Ygué, 2017). Questa diseguaglianza (Hamel et al., 2014) deriva dagli stili di vita, dalle logiche strutturali e culturali che governano l’organizzazione sociale africana, e ostacola i vari sforzi per promuovere e valorizzare le donne e il loro lavoro. Se le donne possono essere considerate attori indispensabili nel processo produttivo delle aziende agricole grazie alla loro presenza costante, non sono forse interessate a valorizzare diversamente il proprio lavoro, così da poter partecipare in altre sfere della vita sociale?

La questione riguarda l’emancipazione delle donne e soprattutto il loro empowerment sociale. Molti studi hanno tentato di effettuare l’analisi di genere, in particolare con riguardo alla posizione delle donne nella famiglia e nei diversi spazi di socializzazione in cui vivono (Benoudji et al., 2018), ma i risultati non prendono in debita considerazione la piena caratterizzazione e le dimensioni dell’empowerment femminile, così da consentire una teorizzazione universalmente comprensibile. Se, ad esempio, Stoessel-Ritz (2015) nel suo lavoro evoca vari problemi di salute pubblica connessi all’agricoltura intensiva e all’agricoltura familiare, vale comunque la pena ricordare l’esistenza di una moltitudine di forme o tipi di agricoltura.

Nel senso sociologico del termine, l’agricoltura, a seconda delle pratiche che l’accompagnano, definisce un carattere sociale costituito che predetermina l’assegnazione dei compiti, la distribuzione del potere e la gestione del know-how, il cui insieme dà forma alle relazioni sociali che strutturano gli scambi e le interazioni al suo interno. Questa pluralità di spazi agricoli favorirebbe anche altre forme di valorizzazione dell’attività agricola delle donne per la loro emancipazione (Descarries & Corbeil, 2020; Wamadini Souratié, Farida Koinda, Bernard Decaluwé, 2019). Di conseguenza, volendo studiare il genere femminile per comprenderne le modalità di azione e di interazione con la società al livello primario di socializzazione, è importante mettere a fuoco i meccanismi simbolici interazionali che strutturano gli spazi agricoli, ponendo in evidenza gli ostacoli strutturali e culturali che impediscono alle donne di raggiungere un alto livello di leadership che consenta loro di partecipare ai vari processi decisionali nell’ambito delle organizzazioni cui appartengono. Secondo la FAO, la forma di agricoltura più praticata è quella familiare, con oltre 500 milioni di aziende agricole nel mondo, e in questo gran numero di aziende familiari operano anche le donne (Vincens, 2012).

Riusciranno i meccanismi di emancipazione femminile a migliorare le condizioni di vita delle comunità agricole? Le norme sociali, le tradizioni e gli stereotipi di genere che limitano la partecipazione delle donne non dovrebbero forse subire le trasformazioni necessarie per promuovere una società egualitaria, inclusiva e meglio sviluppata?

È quindi importante interrogarsi, dal punto di vista di un’analisi di genere e dello sviluppo sostenibile, sull’inefficacia delle controversie che caratterizzano il discorso sullo sviluppo e sull’emancipazione delle donne nelle strutture sociali africane, e in particolare nelle fattorie a conduzione familiare del Benin.

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Foto Credits: World Bank Photo Collection – CC BY-NC-ND 2.0 DEED Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic, attraverso Flickr