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Inflazione in Marocco: livelli senza precedenti e sfide multiple

Mourji Fouzi

Questo contributo analizza il livello e l’aumento dell’inflazione in Marocco nel 2023 e le ragioni della sua accelerazione; tale analisi è poi seguita da una discussione sulle sue conseguenze differenziate per le diverse classi sociali.

Nel 2023, il Marocco ha registrato tassi di inflazione che non si vedevano dai primi anni Novanta (+9,4% su base annua a maggio), preoccupanti per le fasce più povere della popolazione (+18,4% per i prodotti alimentari).

Da un lato, l’entità dell’aumento del tasso di inflazione si spiega con l’effetto cumulativo (trasmissione a catena) degli aumenti dei prezzi dell’energia e dei trasporti, nonché dei prezzi delle materie prime e degli input (semilavorati) per il processo produttivo nel Paese. Si consideri che Il Marocco importa quasi tutti i prodotti energetici che consuma; inoltre, un errore strategico ha portato alla chiusura dell’unica società di raffinazione del petrolio del Paese, che di conseguenza soffre non solo per l’aumento del prezzo internazionale del greggio, ma anche per i margini dei raffinatori, che aumentano in queste circostanze.

In questo scenario, le varie unità produttive trasferiscono gli aumenti dei costi di produzione sui prezzi finale di vendita, scaricando sugli acquirenti al dettaglio l’onere.

Il fenomeno si sta estendendo a macchia d’olio e anche altri agenti economici, compresi quelli che operano nel settore informale, hanno aumentato i prezzi dei beni e dei servizi che offrono solo per cercare di mantenere il proprio potere d’acquisto (indipendentemente dai costi di produzione). Un parrucchiere, ad esempio, aumenterà il prezzo dei suoi tagli di capelli perché lui stesso sta pagando di più per il cibo o il trasporto e non perché il costo del suo servizio, incorporando quello dei beni materiali che utilizza stia crescendo altrettanto.

L’inflazione è anche ampiamente spiegata dalle strutture di mercato. Quando i mercati sono concentrati, quando cioè l’offerta è relativamente limitata a pochi operatori, ciò facilita gli accordi tra gli stessi operatori e porta a posizioni di cosiddetta ricerca della rendita (rent-seeking), ovvero il mantenimento dei privilegi che una posizione di ‘controllo da parte di pochi’ può garantire sul mercato, che si traducono in abusi che esacerbano l’accelerazione dell’aumento dei prezzi e determinano una perdita di benessere per la società. In altre parole, questi operatori (sempre in gergo, si direbbe in regime di oligopolio) approfittano del clima generale di aumento dei prezzi per gonfiare i loro margini di profitto. Gli aumenti di prezzo che attuano vanno ben oltre il trasferimento della crescita dei costi. Questo fenomeno è stato verificato a livello internazionale, ad esempio dalle compagnie petrolifere (perché, anche quando il prezzo del greggio è sceso, le società di raffinazione ne hanno approfittato per aumentare i propri margini di profitto) e si osserva anche a livello nazionale in Marocco, se consideriamo i settori agroalimentare e della distribuzione.

Alcuni brevi richiami aiuteranno a capire meglio. L’inflazione è misurata dalle variazioni dell’indice dei prezzi al consumo (o indice del costo della vita) tra un periodo e l’altro (a volte mese su mese, a volte anno su anno, ecc.). Questo indice è sintetico: riassume le variazioni di prezzo di tutti i prodotti del paniere nazionale, ponderate per l’importanza di ciascun prodotto nel paniere stesso. Il paniere altro non è che l’elenco di beni e servizi, divisi per categoria merceologica, che rappresentano quelli prevalentemente acquistati dal complesso delle famiglie e che viene periodicamente aggiornato dall’istituto di statistica.

Il consumo di sale, carne e pomodori non è lo stesso e varia da uno strato sociale all’altro. Poiché il tasso è calcolato per una famiglia “rappresentativa”, non riflette la realtà della vita delle persone reali. Le persone vivono l’inflazione in modo diverso, a seconda dei prodotti che effettivamente consumano e della struttura della spesa in generale (oltre che del livello di reddito e del suo eventuale tasso di crescita, allineato o meno a quello dell’inflazione).

Nel paniere ci sono prodotti i cui prezzi non variano, come il pane, perché in Marocco il prezzo è regolamentato, cioè sovvenzionato e limitato. Ma ci sono prodotti e servizi i cui prezzi sono in forte aumento, come quelli dell’industria alimentare o dei trasporti.

Da qui l’interesse a scomporre questo indice considerando i diversi beni e servizi.

a. In primo luogo, per spiegare le variazioni del tasso di inflazione complessivo, dobbiamo considerare il peso di ciascun prodotto nel paniere. Il sale, ad esempio, ha un cosiddetto coefficiente di peso sul bilancio familiare, molto basso, per cui anche se il suo prezzo aumenta fortemente, non avrà un impatto significativo sul tasso d’inflazione complessivo. Al contrario, il prezzo dei trasporti o della carne pesa molto sui bilanci delle famiglie, per cui anche un piccolo aumento avrà un impatto significativo;

b. in secondo luogo, per comprenderne le cause, occorre studiare anche il modo in cui si forma il prezzo di ciascun prodotto (o gruppo di prodotti), per farsi un’idea più precisa delle ragioni: “oggettive” (se insite nei costi dei fattori produttivi, in particolare dei prodotti importati) o “abusive” (se insite nelle caratteristiche del mercato e nella posizione delle rendite).

D’altra parte, sappiamo che esistono due tipi principali di inflazione:

  1. Inflazione da spinta dei costi: quando il prezzo dei fattori produttivi per produrre un bene aumenta, questo si riflette automaticamente sul prezzo di vendita. Lo stesso vale se aumenta il costo del lavoro (salari) o del capitale (interessi).
  2. Inflazione da domanda: si verifica quando, rispetto a un equilibrio in un determinato momento, si verifica un aumento della domanda per un motivo o per l’altro. Normalmente, i prezzi aumenteranno, a parità di quantità prodotte, a seguito dell’aumento della domanda.

Nel caso del Marocco, le ragioni del forte aumento dei prezzi sono da ricercare essenzialmente nel lato dell’offerta:

a. aumento dei costi dei prodotti importati (energia, materie prime e semilavorati),
b. shock dell’offerta di prodotti agricoli a causa della siccità,
c. comportamenti abusivi da parte di industrie concentrate (prodotti petroliferi, industrie alimentari e attività di distribuzione).

Gli operatori in regime oligopolistico hanno approfittato del clima inflazionistico per aumentare artificialmente i loro margini di profitto. Si è addirittura osservato il fenomeno della cosiddetta “shrinkflation” (letteralmente: aumento dei prezzi, o inflazione, con riduzione delle dimensioni dei beni di consumo), che consiste, soprattutto per i prodotti alimentari, nel ridurre la quantità di prodotto venduto mantenendo lo stesso livello di prezzo.

3. Infine, è necessario scomporre l’indice dell’inflazione per valutare le conseguenze sui diversi strati della popolazione e corrispondenti livelli di vita. L’inflazione osservata quest’anno in Marocco colpisce più duramente le classi più povere. La quota dei prodotti alimentari nei loro bilanci familiari è preponderante (50,3% nel primo decile, cioè nel dieci per cento più povero della popolazione marocchina) e superiore a quella osservata tra le famiglie del decile più ricco (25,9%). L’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari è stato del 18,4%, quasi il doppio del tasso di inflazione complessivo (9,4%). In altre parole, i prodotti non alimentari, che rappresentano un’ampia fetta del bilancio familiare delle famiglie ricche, sono aumentati molto meno.

Che dire delle misure palliative e delle tendenze in atto?

La risposta di politica monetaria, che consiste nell’innalzare il tasso d’interesse di riferimento della Banca Al Maghrib (la banca centrale), non sembra appropriata, poiché non si tratta di un’inflazione da domanda (determinata, cioè, da consumi o investimenti) che deve essere messa sotto controllo.  Si pensi soltanto che ci sono quartieri popolari dove i negozi hanno chiuso per mancanza di domanda, scoraggiati dall’aumento dei prezzi: le famiglie non possono permetterselo. La seconda componente della domanda è l’investimento, e in Marocco ci sono due aspetti da tenere presenti:

  1. Il tasso di riferimento della Banca centrale dovrebbe influenzare il tasso di interesse applicato ai crediti, ma quest’ultimo non è il fattore determinante per il livello degli investimenti.
  2. In Marocco, solo il 20% degli investimenti delle imprese è finanziato dal credito. Inoltre, le imprese sono generalmente sotto-indebitate perché molte di loro non hanno accesso al credito. D’altro canto, le poche che hanno accesso al credito sono sovra-indebitate.

In realtà, nell’attuale situazione piuttosto preoccupante del Marocco, in cui sono in gioco il potere d’acquisto di ampie fasce della popolazione, la stabilità sociale e, a seguire, la competitività dell’economia, sono altre le istituzioni pubbliche chiamate a fare ordine e a consentire alle autorità pubbliche di agire di conseguenza. Tra queste, il Ministero del Commercio e dell’Industria e l’Autorità nazionale per la concorrenza. Il loro ruolo sarebbe quello di studiare la formazione dei prezzi nel caso del Ministero e le posizioni dominanti nel caso dell’Autorità. Possono, inoltre, essere supportati da altre istituzioni:

  • l’Ufficio Cambi, che dispone di dati sull’andamento dei costi reali dei prodotti importati;
  • la Direzione generale delle imposte, i cui esperti conoscono le strutture dei costi delle unità produttive (e possono estrapolarle al livello di filiali o di settori interessati),
  • l’Ispettorato generale delle finanze e la Corte dei conti, entrambe dotate di revisori qualificati ed esperti.

Una volta fatta una diagnosi approfondita, sarà possibile stabilire strategie per contenere l’inflazione:

  1. Interventi per il controllo dei margini di guadagno, con sanzioni o massimali di prezzo, in presenza di abusi o di effetti di guadagno insiti nelle strutture di mercato che ostacolano la concorrenza. In Marocco, la timidezza dell’azione normativa è in parte dovuta a una concezione ristretta del ruolo del mercato: un’economia liberale è un sistema che permette alle iniziative di fiorire, ma l’anarchia nei comportamenti è dannosa per l’equilibrio economico e sociale. Le autorità hanno un ruolo decisivo nel garantire che i meccanismi di mercato possano funzionare senza ostacoli: concentrazione, barriere all’ingresso, accordi oligopolistici, posizione dominante, ecc. E la timidezza è dovuta anche al ruolo dei gruppi di pressione.
  2. Interventi sui costi dei fattori produttivi: poiché è consuetudine osservare forti aumenti del gettito IVA con l’inflazione, questo alleggerirà la pressione sugli obiettivi di deficit pubblico e potrebbe quindi essere possibile ridurre temporaneamente le aliquote sui prodotti che lo richiedono, in base alla diagnosi approfondita di cui sopra.

Le previsioni per il futuro dovrebbero normalmente indicare una decelerazione del ritmo dell’inflazione. Ciò non significa, però, che i prezzi diminuiranno, ma soltanto che l’aumento dei prezzi è destinato a rallentare. Ciò è dovuto a una serie di fattori:

a. l’allentamento sui mercati internazionali, con la stabilizzazione dell’impennata dei prezzi delle materie prime e dei costi di trasporto e logistica (gli effetti della crisi sanitaria si stanno attenuando),
b. l’azione delle autorità pubbliche (una serie di campagne di controllo del mercato),
c. l’attenuazione degli effetti a catena degli shock iniziali sui costi degli input,
d. tendenzialmente, l’aumento a partire da livelli di prezzo già elevati sarà minore di quello a partire da livelli di prezzo bassi.

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Foto Credits: Pedro – Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0) attraverso Flickr