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Un decennio di guerra civile in Siria: una catastrofe per le donne

Rahman Fazzur

Qualsiasi conflitto o guerra civile ha ripercussioni sui rappresentanti di entrambi i generi, esposti a ogni tipo di minaccia, soprattutto nel caso di un conflitto prolungato. Le città del mondo arabo sono tormentate da decenni di guerre e conflitti incessanti, che hanno contribuito a provocare drammatiche condizioni per tutta la popolazione in generale, ma in modo particolare per le donne. Ce lo mostrano i racconti delle tragedie vissute dalle donne siriane. La loro condizione è tra le peggiori oggi riscontrabili, e forse non ha precedenti nella storia recente. Tutto è iniziato nel 2012, quando il regime del presidente Assad, per cercare di sopravvivere, ha optato per l’uso indiscriminato e massiccio della forza e di mezzi disumani contro le forze ribelli, che a loro volta hanno fatto ricorso all’impiego di ogni risorsa. Di tutto questo sono state vittime in special modo le donne. In quanto tali infatti non hanno dovuto affrontare soltanto i bombardamenti del regime ma anche i gruppi armati e gli estremisti, oltre a dover sopportare il peso di una società patriarcale. Oggi le donne siriane soffrono per le conseguenze del conflitto come tutti, ma sono inoltre diventate vittime sia del regime che delle forze ribelli, che le usano come strumenti di guerra.

Dieci anni di guerra civile hanno costretto milioni di persone a vivere nella paura e nel dolore. Ma essa è ancor più forte nelle donne, spesso completamente sradicate dalla famiglia e condannate a vivere senza un uomo che le protegga, perché è stato ucciso o è scomparso, rapito, arrestato dalle autorità statali o dalle forze ribelli, oppure perché si è unito alla guerra civile in zone lontane o è fuggito dal Paese in cerca di fortuna. Molte donne non sanno dove si trovino i loro padri, mariti, fratelli e figli. Oggi le donne in Siria sono rimaste senza potere né protezione e hanno dovuto bruscamente retrocedere dalla condizione di portatrici attive di diritti a soggetti bisognosi di protezione da parte degli uomini.

Le donne devono prendersi cura degli anziani malati, dei bambini orfani e di altri membri delle loro famiglie senza fonte di sostentamento. Sono circondate da una realtà tragica, in cui la loro identità si è ridotta ad essere quella di moglie di un prigioniero, moglie abbandonata o vedova di guerra. Nonostante i pericoli dovuti alla mancanza di accesso a strutture sanitarie di ostetricia, – il che equivale a rischiare di morire in luoghi dove la mortalità materna è molto alta – le donne continuano a procreare e poi a crescere i loro figli, senza alcuna speranza per il futuro e senza alcuna certezza che potranno esserci quando i figli ne avranno bisogno, mentre intanto invecchiano e incanutiscono. Oggi circa 7,3 milioni di donne e ragazze necessitano di servizi essenziali di assistenza medica ginecologica e ostetrica e inoltre di sostegno contro la violenza di genere, poiché la loro esposizione a molteplici forme di violenza fisica e sessuale, oltre che ai matrimoni precoci in età ancora infantile, continua ad aumentare.

È stato osservato un esplicito cambiamento comportamentale e sociale, all’interno della società siriana, che ha un impatto preoccupante sul rapporto tra generi, e le donne soffrono di qualcosa che è allo stesso tempo tangibile ed intangibile. La difficile situazione delle donne è resa ancor più pesante dal completo disfacimento del tessuto sociale e dal collasso dell’ordine pubblico.

L’assenza di apparati di sicurezza e la quasi inesistenza di protezione legale, economica e sociale a causa della disgregazione dello Stato, espongono oggi le donne a ogni tipo di violenza fisica, emotiva, morale e psicologica, che viola innanzitutto la loro dignità di esseri umani e poi quella specifica di donne, oppresse e vittime di una società patriarcale. Le donne in Siria non sono solo oppresse dalla paura, ma anche vittime di abusi fisici diretti: sono bersaglio di soprusi, stupri, rapimenti, uccisioni, arresti, molestie per le loro opinioni politiche e religiose, oltre a varie forme di sfruttamento che sono condannate a subire a causa del loro genere, che le fa ritenere più deboli ed inferiori rispetto agli uomini. Le molestie contro le donne sono aumentate dopo lo scoppio della guerra civile e ciò è dovuto all’assenza di un ambiente dissuasivo. Le molestie sono più diffuse nei posti di blocco delle città, dove sono dispiegate le forze di polizia, la cui uniforme offre una sorta di immunità contro la punizione per questi crimini di genere. Le molestie sono una forma di dimostrazione di potere e spesso i poliziotti ricorrono a inutili perquisizioni del corpo delle donne per molestarle, cosa più comune nelle aree controllate dal governo. Tra le ragioni principali per le molestie dilaganti sono stati osservati anche motivi legati al settarismo religioso o a vendette. Nei rifugi governativi, le molestie riguardano soprattutto le vedove e le mogli dei miliziani, e la povertà diffusa ha reso le donne particolarmente vulnerabili a forme di sfruttamento da parte delle ONG e delle organizzazioni della società civile.

Non sono soltanto gli uomini ad aver perso la vita nella guerra civile. Un rapporto dell’organizzazione filogovernativa Damascus Centre for Research and Studies indica che l’82,3% delle vittime di guerra in Siria sono uomini, e il resto donne. Un’organizzazione siriana denominata Convoy ha dichiarato che solo tra il 2011 e il 2018, 13.581 donne sono state arrestate in Siria, e 6.786 di loro rimangono ancora nelle prigioni, dove stupri e torture sono all’ordine del giorno. Secondo quanto riferito, un numero significativo di donne arrestate è deceduto dopo la tortura nelle celle di interrogatorio e altre hanno subito esecuzioni sommarie per mano di fazioni come l’ISIS e altre forze ribelli, per non aver accettato di sottostare ai loro decreti religiosi e teologici. Nel trattamento delle donne prigioniere, le forze di polizia non mostrano alcuna pietà: una donna ha riferito che una volta, per non essersi attenuta alle istruzioni di un ufficiale di polizia di modificare la propria dichiarazione di confessione, è stata appesa per la testa e ha dovuto subire scosse elettriche sul corpo tre volte al giorno, mentre veniva contemporaneamente colpita con getti di acqua gelata.

Le donne sono anche tra le vittime dei cosiddetti “danni collaterali” dei bombardamenti aerei, delle operazioni di terra, delle esplosioni di bombe, e delle operazioni condotte dallo Stato o dai ribelli: diventano facili bersagli, colpiti anche con l’intento di dissuadere o persuadere gli uomini a loro vicini a unirsi o a disertare i campi avversari. A volte sono state torturate solo per aver aperto la porta ai ribelli, per aver cercato di fuggire dal regime, per aver curato le ferite dei combattenti o aver servito loro del cibo.

Molto spesso le donne vengono prese in ostaggio per essere usate come merce di scambio dalle varie fazioni politiche del Paese. Vengono anche arrestate per contrattare per quei miliziani arrestati che sono i loro fratelli o mariti. Le milizie godono della piena protezione delle forze di polizia e delle autorità locali e si dividono i riscatti ricevuti in cambio della liberazione di chi viene rapito.

Un altro triste capitolo è quello degli abusi sessuali. La violenza sessuale contro le donne è un retaggio delle pratiche di guerra civile e militare del passato, ormai divenuto quasi abituale. Il corpo femminile viene trasformato in arma contro il nemico. Oggi in Siria le donne sono abusate sessualmente dalle forze ribelli e i soldati riversano il loro odio sul nemico abusandone le figlie, le sorelle, le mogli e le madri. Vengono rapite per un breve periodo e liberate subito dopo l’abuso sessuale, o in alcuni casi uccise per evitare ulteriori indagini. Si ha notizia di video di violenze perpetrate da gruppi di uomini, che vengono diffusi per svergognare le famiglie delle donne vittime della violenza, o per chiedere un riscatto o ottenere il rilascio dei detenuti arrestati. Ciò che rende la situazione più penosa è che queste pratiche sono comuni sia tra le forze ribelli che tra la polizia di Stato, e le donne sono il bersaglio comune di tutte queste violenze. Un gran numero di donne viene rapito ai posti di blocco, in varie città, e vengono costrette a rapporti sessuali o matrimoniali temporanei a causa della fedeltà a gruppi di opposizione. Lo stupro è la più grande forma di crudeltà inflitta alle donne oggi in Siria e ogni fazione lo usa come un potente strumento per indebolire o umiliare il nemico. Le cifre reali degli stupri non sono note perché le vittime mantengono il riserbo più assoluto, per evitare la vergogna pubblica. Secondo un sondaggio, su un totale di cinquantatré vittime di stupro solo una donna ha ammesso di essere stata violentata. Entrambe le parti in conflitto ricorrono allo stupro perché è un’arma silenziosa e letale, con la quale si può intimorire la popolazione. Ci sono numerosi rapporti che evidenziano come donne siano state costrette ad atti sessuali negli alloggi dei prigionieri o nelle celle dei servizi segreti e nelle camere degli interrogatori. Le Nazioni Unite, in uno dei loro rapporti del 2018, hanno segnalato una ventina di agenzie governative che hanno scelto lo stupro come meccanismo per estorcere alle donne confessioni false sui membri maschi delle loro famiglie.

Oltre alle violenze dirette contro le donne che diventano visibili e vengono denunciate, c’è anche una violenza indiretta che nella maggior parte dei casi rimane invisibile, è difficile da misurare e lascia le vittime sole nella loro sofferenza. Questo tipo di violenza indiretta, che deriva dal collasso del sistema sociale, ha un impatto profondo sugli aspetti morali, culturali e psicologici della vita delle donne. L’assenza di uomini le costringe a dover lavorare per sostentarsi, cosa che per la maggior parte di loro è difficile perché richiede un brusco adattamento ad un ambiente nuovo, a situazioni economiche, politiche e sociali difficili, cui non erano mai state esposte in passato. Un’altra conseguenza si riflette sulla condizione personale, come indicano lo stato civile spesso incerto, la ricerca di un nuovo matrimonio, il nubilato protratto, lo stigma delle divorziate. O anche la scelta forzata di un nuovo sposo per garantirsi la sicurezza economica, il legarsi a persone con il doppio della loro età per avere sicurezza sociale, l’entrare in una relazione coniugale forzata, o sfruttare il proprio corpo per sopravvivere. A causa della guerra civile, in Siria la ricerca di un marito è diventata estremamente difficile, poiché la maggior parte dei possibili mariti ha abbandonato il Paese o è stata uccisa o sta combattendo. Quelli rimasti sono senza lavoro o malati. Nella città di Aleppo nel 2007 sono stati celebrati 59.894 matrimoni, che si sono ridotti a 48.125 nel 2011 e a 17.135 nel 2012. Le donne sono così preoccupate per questa evoluzione della situazione che hanno abbandonato le tradizionali richieste di dote o di denaro da parte dei futuri sposi e cercano un partner per non restare sole e garantirsi un minimo di compagnia e di sicurezza.

Oggi molti rifugiati maschi, nel Paese o all’estero, stringono dei legami matrimoniali consuetudinari e virtuali con donne in previsione di un loro futuro ricongiungimento. In questo decennio di guerra il matrimonio consuetudinario è diventato molto comune per eludere i problemi procedurali. Questa forma di matrimonio è molto popolare tra le persone di mezza età che ricercano la compagnia di donne nubili, divorziate o vedove per ottenere rispettabilità e legittimazione sociale, ed è causato anche dal fatto che oggi circa il 70% delle donne in Siria è nubile. I matrimoni consuetudinari non devono essere resi pubblici e la loro celebrazione è riservata ai soli familiari stretti. Durante il periodo culminante della guerra civile in Siria, a Damasco circa il 90% dei matrimoni veniva celebrato secondo le leggi consuetudinarie. I genitori poveri sposano le loro figlie minorenni con uomini più anziani per ridurre il carico familiare, e queste donne entrano nella famiglia del marito per lo più come seconda o terza moglie. Ci sono rapporti allarmanti che denunciano che il 69% dei matrimoni avviene quando la sposa è ancora minorenne e, cosa ancor più inquietante, che queste bambine si sposano con persone provenienti da tutto il Paese e spesso i genitori non sanno niente dello sposo o della sua famiglia.

La guerra civile ha provocato un forte aumento dei divorzi nel Paese. Prima dello scoppio della guerra civile, c’erano circa 8-10 divorzi ogni mille matrimoni, ma il numero è salito a 25 durante la guerra civile. Molte donne preferiscono condurre la propria vita da divorziate, piuttosto che essere ostaggio   di un marito disoccupato e o divenuto insopportabile, o vogliono fuggire da situazioni malsane. Con il crollo delle norme sociali e il declino della cultura familiare, la prostituzione è diventata molto diffusa. Le donne che scelgono questa strada abbandonano le loro basi sociali e norme culturali, e nella maggior parte dei casi chi lo fa è vedova o divorziata. Nel 2013 sono stati scoperti circa 80 racket di prostituzione, a fronte di 30 nel 2012. La guerra civile dell’ultimo decennio ha visto un aumento del 37,7% del business dello sfruttamento della prostituzione femminile.

Il conflitto ha dato origine a una nuova cultura del matrimonio e delle relazioni temporanee, a causa della crescente paura delle donne di essere abbandonate e del desiderio di trovare sostegno in una relazione sentimentale. I sempre più frequenti episodi di stupro o rapimento e la diffusa fragilità psicologica inducono molte donne a cercare un partner che possa aiutarle a superare situazioni traumatiche.

Ogni guerra prima o poi finisce, ma le ripercussioni emotive e psicologiche di questo conflitto si faranno sentire a lungo soprattutto per le donne, che sono state sottoposte a ogni tipo di violenza, come stupri, rapimenti, matrimoni obbligati, molestie, o costrette alla prostituzione e all’accattonaggio. Non si sa quale sarà il futuro di quelle minorenni che sono state sposate con stranieri anziani provenienti dall’altra parte del Paese. Né quale sarà il destino di quelle ragazze che sono rimaste con le loro madri vedove o divorziate. Un’ombra di paura incomberà sempre su molte donne siriane, perché hanno visto il peggio e superare questo trauma e la loro condizione attuale sarà la sfida più grande.

Foto Credits: ICARDA – Mounir Louhaichi, Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0) attraverso Flickr