Brasile Opinioni Punti di vista

Il Brasile e la gestione dell’epidemia

Seconda ondata, scontro politico e responsabilità

Spera Luigi

E come se gli allarmi lanciati in tutto il mondo nel corso di oltre un anno di pandemia rispetto ai possibili effetti di un’avanzata incontrollata del nuovo coronavirus si fossero materializzati nel loro insieme, contemporaneamente, in Brasile. Dall’esplosione dei contagi all’aumento della mortalità, dagli ospedali al collasso con centinaia di persone in fila per un letto alle carenze di forniture medicinali e ossigeno, fino allo sviluppo di nuove varianti sempre più contagiose, resistenti e letali. Da quando la seconda ondata di contagi spinta da una variante del virus ha lasciato senza ossigeno gli ospedali dello stato di Amazzonia lo scorso gennaio, il paese ha visto collassare uno dopo l’altro i sistemi sanitari di praticamente tutti gli stati. E il numero di morti ha iniziato inesorabilmente a salire. Dopo le 66.868 morti per patologie riconducibili al contagio da nuovo coronavirus di marzo 2021, più del doppio dei 32.912 decessi registrati nel mese di luglio 2020, primo picco pandemico e dei 30.484 registrati nel precedente mese di febbraio (30.484), aprile è stato, finora, il mese con la maggiore mortalità di sempre, con 82.410 vittime. Complessivamente, alla data dell’8 maggio, il Brasile registra 421.316 morti per patologie legate al contagio di nuovo coronavirus e almeno 15.145.879 numero di contagiati.

Secondo le proiezioni dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme) dell’Università di Washington l’impatto della curva di contagi, morti e occupazione di letti in terapia intensiva rischia secondo gli scienziati di causare fino a 500.000 vittime totali entro la fine di giugno 2021. In base alle statistiche di Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), Wordometer e ministero della Salute, nel suo insieme il Brasile è al tredicesimo posto nella classifica della maggiore mortalità per milione di abitanti, guidata dall’Ungheria. Tuttavia, se fossero stati indipendenti, il Distretto Federale e altri 4 stati brasiliani sarebbero nella lista dei 10 con maggior numero di vittime in rapporto alla popolazione. Il solo stato di Amazzonia con 3.070 morti per milione supererebbe la stessa Ungheria, seguito dagli stati di Rondônia, 2.994 morti per milione, Mato Grosso, 2.856, Rio de Janeiro, 2.686, Distretto federale, 2.682.

L’istituto di ricerca scientifica legato al ministero della Salute e riferimento per la lotta alla Covid-19, Fondazione Oswaldo Cruz (Fiocruz), ha evidenziato che il paese ha registrato ad aprile una media giornaliera di decessi (su base settimanale) superiore ai 3000 morti per 10 giorni, raggiungendo il 12 aprile il record assoluto con 3.123 decessi morti nella media mobile a sette giorni. In occasione della pubblicazione dell’ultimo bollettino straordinario dell’Osservatorio Covid-19, il 27 aprile, la Fiocruz ha evidenziato una leggera decelerazione nel numero di nuovi contagi e dei decessi causati dalla Covid-19 nell’ultima settimana epidemiologica del mese di aprile, sottolineando tuttavia che gli indicatori mostrano che la pandemia rimarrà a livelli critici anche per le prossime settimane. Una lieve diminuzione di contagi e decessi si è confermata anche nella prima settimana di maggio, tuttavia, la riduzione dei numeri assoluti per i ricercatori non si è ancora tradotta in una riduzione dell’impatto complessivo della pandemia nel paese. Il tasso di incidenza, in crescita costante sin dall’inizio della pandemia, ha continuato a crescere raggiungendo alla data dell’8 maggio i 7.207 contagi per centomila abitanti. Il tasso di mortalità (numero di persone morte sul totale della popolazione), anche questo in aumento progressivo da marzo 2020, è salito ulteriormente attestandosi a 200,5 per centomila abitanti, mentre il tasso di letalità è salito ulteriormente al 2,8 %.

Mentre a gennaio l’esaurimento dei posti letto e di tutte le scorte di ossigeno disponibili e aveva interessato solo lo stato di Amazzonia, ad aprile lo scenario si è ripetuto in praticamente tutto il paese. La pressione sugli ospedali ha causato il collasso di molti sistemi sanitari statali, con un’occupazione dei letti di terapia intensiva spesso superiore al 90 % in molte aree del territorio nazionale. Nell’ultima settimana di aprile il Distretto federale, registrava il 97 % di terapie intensive occupate seguito da 10 stati su 26 (Tocantins, Piaui, Cearà, Rio Grande do Norte, Pernambico, Sergipe, Paranà, Santa Catarina, Mato Grosso do Sul e Mato Grosso) con oltre il 90 % dei letti occupati. Altri 10 stati registravano un’occupazione superiore all’80 %.

L’enorme numero di ricoveri e la grande necessità di ossigeno e di intubazioni ha causato gravi carenze nelle forniture di medicinali necessari per un corretto procedimento, soprattutto sedativi e calmanti. La notizia di pazienti intubati da svegli per mancanza di sedativi o legati ai letti per mancanza di calmanti ha fatto il giro del mondo. Dopo essersi appellati al governo federale senza esito e dopo che lo stesso ministro della Salute brasiliano, Marcelo Queiroga, ha suggerito alle autorità statali di reperire farmaci e forniture autonomamente, i governatori hanno lanciato numerosi appelli a livello nazionale e internazionale. Donazioni sono già arrivate dal governo della Spagna e da un gruppo di imprese brasiliane che hanno comprato sedativi in Cina. Di fronte allo scenario peggiore i governatori hanno inviato una lettera anche al segretario delle Nazioni unite (Onu), Antonio Guterres.

Ciò che allarma dal punto di vista medico è anche il profilo dei pazienti, molto differente rispetto a quello della maggioranza degli altri paesi. Ad aprile infatti oltre il 58,1 % dei ricoveri in terapia intensiva ha riguardato adulti con meno di 40 anni di età. Inoltre, secondo i dati dell’Osservatorio ostetrico brasiliano Covid-19 il numero di decessi per Covid-19 di donne incinte e puerpere è più che raddoppiato nel 2021 rispetto alla media del 2020. In particolare, lo scorso anno si sono verificati 453 decessi (10,5 morti su una media settimanale). Nel 2021, fino al 7 aprile, ci sono state almeno 289 morti (22,2 morti su una media settimanale). I ricercatori sottolineano che, mentre nella popolazione generale c’è stato un aumento del 61,6 del tasso di mortalità settimanale nel 2021 rispetto al 2020, tra le donne in gravidanza e dopo il parto l’aumento è stato pari al 145,4 %. Dall’inizio della pandemia fino all’1 marzo di quest’anno ci sono stati, inoltre, 627 decessi di bambini fino a 5 anni a causa della malattia in Brasile, di cui 420 con meno di un anno di vita. In base ai dati del Bollettino Epidemiologico Covid-19, diffuso dal ministero della Salute, tra il 2020 e il 2021, 8.744 bambini tra zero e 5 anni sono già stati ricoverati con Covid-19 nel paese.

In mancanza di una coordinata politica nazionale di contenimento della diffusione del virus, questo continua a mutare e adattarsi all’ambiente, causando la nascita di nuove varianti, come già accaduto con la variante di Manaus, P.1 e la variante di Rio de Janeiro, P.2. Una nuova alterazione del virus è stata scoperta dal Laboratorio di biologia integrativa dell’Università Federale del Minas Gerais (Ufmg) ad aprile. Dei genomi di Sars-CoV-2 sequenziati su un campione di 85 pazienti infetti da Covid-19, due di questi hanno indicato la presenza di 18 mutazioni contemporanee mai descritte in precedenza. “Quella scoperta ha sia caratteristiche in comune con varianti già in circolazione in Brasile, sia nuove. È come se le varianti si stessero evolvendo”, spiega il virologo dell’Ufmg, Renato Santana, secondo il quale, sebbene sia presto per dire se la nuova variante è più trasmissibile o grave, è già noto che ha mutazioni già descritte in altre varianti associate ad un aumentato rischio di morte. In Brasile sono state inoltre identificate tutte le varianti isolate nel mondo.

Lo Scontro Politico

Di fronte al quadro sanitario completamente deteriorato l’organizzazione Medici senza frontiere (Msf) ha lanciato ad aprile “un appello urgente alle autorità brasiliane perché riconoscano la gravità della crisi” dal momento che, si sostiene, il Brasile “ancora non ha messo in pratica una risposta effettiva, centralizzata e coordinata” per contrastare la pandemia a oltre un anno dall’inizio della crisi che sta oggi causando una “catastrofe umanitaria”. A metà mese di aprile, in occasione del secondo picco pandemico, con il record assoluto di 4.249 morti, il Brasile è arrivato a contare l’11 % dei casi di contagio e ben il 26 % di tutti i decessi registrati nel mondo per Covid-19. Secondo l’organizzazione sanitaria queste cifre sarebbero “una chiara indicazione delle difficoltà delle autorità di affrontare la crisi umanitaria e sanitaria che sta colpendo il paese. Per Msf “in Brasile, la risposta del governo federale è stata una pericolosa combinazione di inazione ed errori”, affermano i ricercatori di Msf in uno studio. Da molti mesi vari osservatori internazionali guidati dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e nazionali invocano infatti un intervento federale per contenere la crisi, che tuttavia non arriva. Il Consiglio nazionale dei segretari della salute degli stati del Brasile (Conass) di fronte al collasso delle reti sanitarie pubbliche e private di fronte all’ondata di nuovi contagi ha sottolineato in una lettera aperta quanto “manca un coordinamento nazionale unificato e coerente per contrastare la pandemia”, chiedendo al governo centrale di adottare misure condivise di distanziamento sociale.

Nonostante appelli universali e critiche globali, il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, tuttavia, coerente con sé stesso e fedele alla sua base elettorale, non è mai indietreggiato di un passo rispetto alla sua posizione. Fermo nel suo riduzionismo rispetto alla gravità della pandemia nonostante gli oltre 14 milioni di contagi da nuovo coronavirus e gli oltre 400 mila morti per Covid-19, il capo dello stato continua la sua personale battaglia contro l’adozione di misure di distanziamento sociale, sminuendo l’importanza dell’uso delle mascherine, favorendo assembramenti nel suo tempo libero e sostenendo l’uso di medicinali la cui inefficacia è stata confermata unanimemente dalla comunità scientifica interazionale. Ancora il 23 aprile, mentre il numero di morti raggiungeva quota 389.492 e il ministero della Salute del Brasile annunciava per la settima volta in due mesi una riduzione del numero di dosi di vaccino anti-Covid da distribuire nel paese attraverso il Piano nazionale di immunizzazione nel mese di maggio, passando da 46,9 a 32,4 milioni di dosi, il capo dello stato in un programma televisivo sminuiva ancora una volta l’importanza dei vaccini. “Quando ho avuto la Covid, ho preso la clorochina alle 5 del pomeriggio del primo giorno e il giorno successivo alle 10 del mattino. Sono stato bene. Molte persone hanno assunto ivermectina (vermifugo intestinale). Ma il mercato dei vaccini è miliardario. Quello che non manca a Brasilia sono lobbisti dei vaccini”.

Di fronte alla mancanza di volontà politica di imporre misure di contenimento della diffusione del virus, la Corte suprema del Brasile (Stf) aveva riconosciuto già lo scorso anno il diritto dei 5569 municipi e dei 26 stati e del Distretto federale di imporre misure sui propri territori. Una scelta che aveva avviato una guerra di posizione tra governo federale e stati. Quanto più governatori e sindaci adottassero misure di distanziamento o disponessero chiusure o limitazioni di orari per attività non essenziali, tanto più il presidente Bolsonaro si scagliava contro di loro, accusandoli di voler distruggere l’economia e minacciando il blocco del trasferimento dei fondi federali, oltre che impugnando di volta in volta, senza esito, le decisioni degli stati davanti alla Corte suprema. La profonda frattura istituzionale vede Bolsonaro pronto a tutto. Dopo vari tentativi frustrati, il presidente ha detto di essere pronto anche a mettere in strada le Forze armate per “ristabilire l’articolo 5 della Costituzione” che stabilisce il diritto alla libertà di movimento nel territorio nazionale in tempo di pace, contro decisioni di governatori di adottare misure di distanziamento. Nel corso dell’intervista del 23 aprile, Bolsonaro ha rivendicato di essere il capo delle Forze armate, affermando che “se dovesse emergere un problema, abbiamo un piano per entrare in campo. Il nostro esercito, le nostre forze armate, se necessario, scenderemo in strada non per tenere la gente in casa, ma per ripristinare l’articolo 5 della Costituzione (che stabilisce la libertà di movimento dei cittadini). E se stabilisco questo, questa mia decisione sarà adempiuta”.

Le inchieste

Parlamento e magistratura indagano per verificare se le scelte in termine di salute pubblica adottate dal governo del presidente Jair Bolsonaro abbiano contribuito a fare del Brasile per gran parte del 2021 il maggiore focolaio al mondo di Covid-19. Di fronte alla situazione fuori controllo, gli appelli al governo federale sono diventati man mano denunce sempre più dettagliate. Con l’impossibilità dell’opposizione di scalfire il sostegno parlamentare ancora in favore di Bolsonaro, è stato il giudice della Corte suprema federale del Brasile (Stf), Roberto Barroso, lo scorso 9 aprile, a disporre che il Senato istituisse una Commissione parlamentare d’inchiesta (Cpi) per analizzare la gestione della crisi legata alla pandemia da parte del governo. Il giudice, in risposta alla richiesta di istituzione di una Cpi da parte di un gruppo di 30 senatori, specificava l’impossibilità della camera alta del parlamento di Brasilia di opporsi alla commissione per “convenienza e opportunità politica”.

L’avvio dei lavori della Commissione, il giorno 27 aprile, è stato preceduto da settimane di accese polemiche sulla creazione stessa della commissione, vista come luogo per la resa dei conti tra il presidente Jair Bolsonaro e i suoi oppositori politici e istituzionali oltre che come momento di dibattito sull’emergenza. La commissione discuterà una serie di temi che vanno dai presunti “errori del governo nell’acquisto dei vaccini” alla “promozione di trattamenti preventivi del Covid non avallati da prove scientifiche”, dalla “militarizzazione del ministero della Salute” alla poca considerazione “della gravità della malattia”, passando per la critica alle “misure di restrizione adottate per contrastarla”. La relazione finale sarà passata alle autorità inquirenti per valutare possibili azioni. Di fronte alla consistente mole di accuse, Bolsonaro ha iniziato a muoversi d’anticipo. L’esecutivo si prepara lavorando su una lista di 23 possibili accuse, stilata dal ministero della Casa Civil (sorta di primo ministro delle classiche repubbliche presidenziali). Di fatto il ministero ha dato indicazioni a tutti i ministeri di raccogliere prove a discolpa rispetto alle possibili contestazioni.

Probabilmente il primo tema che sarà affrontato è quello relativo ai vaccini. Focalizzando in particolare sul caso dei negoziati per l’acquisto dei vaccini portate avanti lo scorso anno, con la Pfizer. La casa farmaceutica aveva offerto ad agosto 70 milioni di dosi al governo, garantendone la consegna entro dicembre 2020. Negoziati sfumati perché il governo non aveva accettato condizioni economiche e, soprattutto, quelle relative alla eventuale responsabilità in caso di reazioni avverse al farmaco. In agenda della Cpi anche l’iniziale rifiuto che inizialmente il presidente Bolsonaro oppose all’acquisto dei vaccini di produzione cinese. Il capo dello stato, accusato in questo di essere troppo sensibile alle raccomandazioni fatte dall’ex presidente Usa, Donald Trump, parlò di un prodotto sulla cui efficacia gli stessi cinesi avevano mostrato dubbi. Bolsonaro addirittura annullò d’imperio l’acquisto che Eduardo Pazuello, uno dei suoi quattro ministri della Salute, aveva stipulato con Pechino. Il CoronaVac, che in un primo momento era stato prenotato dal solo governatore dello Stato di San Paolo, Joao Doria, è oggi autorizzato all’uso in emergenza ed è quello maggiormente distribuito in tutto il paese. Nel corso dei lavori certamente saranno inoltre analizzati i tentativi di inserimento della clorochina e di altri medicinali non efficaci nei protocolli sanitari di cura, anche in casi non gravi. Altro tema centrale dei lavori di indagine sarà quello relativo all’opposizione del governo federale ad accettare le misure di distanziamento sociale e il conseguente scontro politico-istituzionale con i governatori.

Indagini riguarderanno i diversi avvicendamenti alla guida del ministero della Salute, incarico passato da Luiz Henrique Mandetta a Nelson Teich e subito dopo a Eduardo Pazuello, prima della sostituzione a marzo 2021 con l’attuale Marcelo Quiroga. In particolare finirà sotto la lente la nomina del generale Pazuello, indicato dopo che i due precedenti avevano lasciato l’esecutivo a causa delle divergenze sull’uso della clorochina, difeso dal presidente Bolsonaro, e sull’adozione di misure di distanziamento, invocate dai governatori e viste positivamente dai ministri. Pazuello, al contrario, facendo sua la linea del presidente è ora il più esposto. Oltre che uno dei principali obiettivi dell’inchiesta parlamentare, l’ex ministro è chiamato a difendersi anche in due distinte inchieste aperte dalla magistratura. Nella prima, la Corte suprema del Brasile (Stf) aveva disposto l’apertura di un’indagine per verificare l’eventuale condotta illegale del ministro durante la gestione del collasso nella rete sanitaria nello stato di Amazzonia. L’inchiesta prende le mosse da un documento presentato dal partito Cittadinanza (Cidadania) alla Procura generale (Pgr) in cui si evince come il ministro fosse già a conoscenza delle carenza di scorte di ossigeno da dicembre e che, dal giorno 8 di gennaio, di fronte all’imminente mancanza di forniture con cui assistere i pazienti Covid notificata da parte della società fornitrice, White Martins, Pazuello avrebbe solo inviato suoi rappresentanti sul posto e destinato allo stato amazzonico scorte extra di 120 mila confezioni di idrossiclorochina, indicando di prescrivere il farmaco come trattamento preventivo e precoce contro l’aggravamento delle condizioni dei pazienti. Dopo le dimissioni di Pazuello, il giudice della Corte suprema federale del Brasile (Stf) Ricardo Lewandowski ha disposto la trasmissione degli atti dell’inchiesta per competenza alla giustizia ordinaria del Distretto federale.

Nell’inchiesta presso la Corte dei conti (Tcu) viene invece chiesto all’ex ministro di fornire spiegazioni sul perché dall’inizio della pandemia di nuovo coronavirus il ministero ha speso oltre un milione di real (circa 150.000 euro) per l’acquisto di idrossiclorochina dall’esercito, presso il cui laboratorio chimico farmaceutico il farmaco antimalarico è prodotto. “Dal momento che l’Agenzia nazionale di vigilanza sanitaria (Anvisa) non ha mai considerato la possibilità di usare farmaci a base di clorochina per il trattamento della Covid-19, non vi è alcuna base giuridica per l’utilizzo di risorse del Servizio sanitario nazionale (Sus) per questo scopo”, scriveva il giudice Benjamin Zymler nella sua relazione inviata al ministero, chiedendo di dettagliare i criteri, se esistono, per acquisto, pagamento e distribuzione delle pastiglie di clorochina prodotte dall’esercito. Dall’inizio della pandemia l’esercito del Brasile ha prodotto 3.229.910 compresse da 150 milligrammi di clorochina, con principio attivo comprato dall’India, senza gara di appalto, a un prezzo sei volte superiore rispetto all’anno precedente, quando era stato acquisito con regolare gara d’appalto.

Potrebbe in ultimo aprire una breccia giuridica per un’eventuale inchiesta internazionale per Crimini contro l’umanità presso il Tribunale penale internazionale dell’Aia (Icc), il dossier preparato dall’Ordine degli avvocati brasiliano (Oab). Un comitato creato per analizzare le misure adottate dal governo del Brasile nella lotta contro la pandemia ha concluso che, anche se non fosse possibile provare scientificamente che migliaia di morti e feriti avrebbero potuto essere evitati, è sufficiente, ai fini della responsabilità, che sia dimostrato che una condotta corretta avrebbe ridotto questo rischio. Secondo l’Oab, la gestione di Bolsonaro sarebbe identificabile in questi “attacchi diffusi e sistematici contro l’intera popolazione” che identificano i Crimini contro l’Umanità all’articolo 7 dello Statuto di Roma istitutivo del Tribunale penale internazionale, cui il Brasile aderisce. La clausola della ‘policy’ richiesta nell’articolo per l’identificazione del crimine si evidenzierebbe per l’Oab in quelle “attraverso azioni o omissioni sistematiche”, frutto di una chiara linea politica del governo Bolsonaro che “ha finito per avere controllo della pandemia utilizzata deliberatamente come strumento di attacco (arma biologica) e sottomissione dell’intera popolazione”.

Foto Credits: Congresso Nacional decreta luto oficial – Senado FederalAttribution 2.0 Generic (CC BY 2.0) attraverso Flickr
24/08/2020 Encontro “Brasil Vencendo a COVID-19” – Palácio do PlanaltoAttribution 2.0 Generic (CC BY 2.0) attraverso Flickr