Le rimesse dei migranti in tempi di crisi.
L’impatto del coronavirus sull'economia dei migranti e dei loro familiari nei paesi d’origine
Secondo le stime della Banca mondiale, nel 2019 le rimesse verso i paesi in via di sviluppo avevano raggiunto la cifra record di 550 miliardi di dollari. Sempre la Banca mondiale recentemente ha calcolato che nel 2020, in seguito alla crisi economica dovuta alla pandemia da coronavirus, il flusso delle rimesse a livello mondiale vedrà una riduzione di circa il 20%, corrispondente a 110 miliardi di dollari in meno per le famiglie dei migranti – e quindi per l’economia – dei paesi più poveri.
Sempre nel 2019, questa volta secondo i dati della Banca d’Italia, gli immigrati residenti in Italia hanno inviato ai loro familiari nei paesi d’origine più di 6 miliardi di euro, confermando un trend in crescita dal 2017. È però chiaro come gli immigrati siano stati tra le fasce della popolazione più colpite dalle misure adottate dal governo per contenere la diffusione del virus, con un’elevata perdita di posti di lavoro derivante dalla chiusura delle attività commerciali e dalla forte riduzione dell’attività economica. Pur non conoscendo ancora l’impatto complessivo sul flusso delle rimesse in seguito a queste drastiche misure, sempre la Banca d’Italia ha recentemente pubblicato i dati relativi al primo trimestre del 2020 – quando ancora non si era in pieno lockdown – indicando una diminuzione delle rimesse totali dall’Italia di quasi il 7% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Negli ultimi dieci anni alcuni importanti shock economici avevano già causato una diminuzione del flusso delle rimesse, ma mai come questa volta la crisi ha colpito contemporaneamente sia i paesi di origine che quelli di destinazione dei migranti, causando forti perdite economiche sia agli immigrati che alle loro famiglie nei paesi in via di sviluppo.
Nonostante la generale drammatica riduzione dei flussi di rimesse verso i paesi in via di sviluppo prevista per il 2020 e le terribili conseguenze che ciò avrà sull’economia e la sussistenza delle famiglie e comunità d’origine dei migranti, alcune fonti e dati recenti sottolineano ancora una volta la resilienza dei migranti quando si tratta di sostenere finanziariamente le proprie famiglie, notando che in alcuni corridoi specifici le rimesse inviate negli ultimi mesi sono sorprendentemente rimaste stabili o addirittura aumentate.
Un recente articolo del Washington Post, ad esempio, che riporta i dati di alcune banche centrali, indica che i flussi di rimesse verso i paesi dell’America latina sono molto variabili, confermando un netto calo per quanto riguarda la Colombia, El Salvador, Guatemala e Honduras, ma evidenziando anche come per il Messico e la Repubblica Domenicana le rimesse provenienti dagli Stati Uniti sembrano addirittura essere aumentate durante i primi sei mesi del 2020. Allo stesso modo le Banche Centrali del Bangladesh e del Nepal dichiarano una crescita relativa delle rimesse verso il loro rispettivo paese durante questi ultimi mesi rispetto allo stesso periodo negli anni precedenti.
Per quanto riguarda le rimesse dall’Italia, sempre secondo i dati più recenti della Banca d’Italia riguardanti il primo trimestre del 2020, nonostante un trend generalmente negativo, queste sembrano essere rimaste stabili o in aumento per alcuni paesi ad alta emigrazione verso il nostro paese, come l’Egitto, il Marocco, la Moldavia, l’Ucraina, l’India ed il Pakistan, e verso molti paesi del Sahel come il Senegal, il Burkina Faso, il Mali, la Nigeria e la Mauritania.
Sono dati da prendere con cautela, ma questi casi particolari sembrano indicare che i migranti stanno dando fondo ai loro risparmi per sostenere le loro famiglie in questi tempi di crisi e, in alcuni casi, per prepararsi al loro ritorno a casa a causa delle nuove difficoltà economiche affrontate nei paesi di destinazione. Ancora una volta le rimesse rappresentano la forza dei legami affettivi tra i migranti e le loro famiglie nei paesi d’origine, e ne incarnano lo strumento principale.
Il 16 giugno scorso è stata celebrata la giornata internazionale delle rimesse familiari, e il segretario delle Nazioni Unite Antònio Guterres ha aggiunto la sua voce alla campagna globale di sensibilizzazione del Fondo internazionale delle Nazioni Unite per lo sviluppo agricolo (IFAD), chiedendo ai governi di tutto il mondo di lavorare a sostegno di politiche per una riduzione dei costi di trasferimento delle rimesse, e promuovere l’accesso ai servizi finanziari per i migranti e le loro famiglie, in particolar modo nelle zone rurali.
Negli stessi mesi l’IFAD ha lanciato una task force globale per affrontare l’impatto del coronavirus sulle rimesse dei migranti, in cui l’Italia è rappresentata anche dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e dal CeSPI. Raggruppando 38 attori globali provenienti sia dal settore pubblico che privato, questa task force ha presentato proprio il 16 giugno scorso il suo rapporto preliminare “Remittances in crisis: Response, Resilience, Recovery. A blueprint for Action”, con dei suggerimenti di misure da adottare nel breve e medio periodo per sostenere il flusso delle rimesse durante questi mesi di crisi. Tali raccomandazioni preliminari spaziano da misure immediate – come quella di definire “essenziali” i servizi per l’invio e la ricezione delle rimesse dei migranti durante il lockdown – a suggerimenti sulla protezione dei consumatori e l’aumento della trasparenza nei costi, alla semplificazione delle procedure d’invio delle rimesse e all’incoraggiamento dell’utilizzo di canali e strumenti digitali.
In effetti la crisi dovuta al Covid-19 ha dimostrato una volta per tutte l’urgenza dello sviluppo e dell’utilizzo di strumenti e sistemi di pagamento digitali per favorire l’inclusione finanziaria della popolazione più vulnerabile – inclusi gli immigrati e i loro famigliari nei paesi d’origine – e allo stesso tempo favorire l’accesso al mercato digitale delle piccole imprese nei paesi in via di sviluppo.
Il prossimo anno l’Italia avrà l’onore di presiedere il G20, dove il tema dell’inclusione finanziaria è al centro delle discussioni. Al G8 dell’Aquila nel 2009 l’Italia fu promotrice dell’iniziativa 5×5 sulle rimesse (ridurre il costo delle rimesse dal 10 per cento al 5 per cento in 5 anni), poi fatta propria dal G20. Da allora l’impegno sulla riduzione del costo delle rimesse è stato ripreso da molti processi internazionali – non ultimo il target 10.c degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, che mira a ridurre il costo delle rimesse al 3 per cento entro il 2030 – ma siamo ancora lontani dal raggiungimento di tale traguardo.
Attraverso la presidenza del G20 l’Italia ha un’opportunità unica: quella di ricollegarsi all’impegno preso più di 10 anni fa al G8 dell’Aquila, e rilanciare con maggior vigore il tema dell’impatto delle rimesse sullo sviluppo dei paesi d’origine dei migranti, non più solo con l’indicatore legato alla riduzione dei loro costi, ma come strumento di accesso all’economia formale, al risparmio, al credito, e come volàno per la piccola imprenditoria, al fine di promuovere l’inclusione finanziaria delle fasce più vulnerabili della popolazione e sostenerle nella strada verso la piena indipendenza finanziaria.
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