Negli ultimi quindici anni l’Uruguay ha conosciuto il più lungo periodo di ininterrotta crescita del PIL mai registrato, e in termini comparati attualmente il suo PIL pro capite è al secondo posto tra i paesi di tutta l’America Latina (CEPAL, 2019).
Da un lato, questi indicatori si collocano nell’ambito di un contesto economico favorevole per tutta la regione, caratterizzato dagli alti prezzi raggiunti dalle materie prime sui mercati internazionali e che hanno poi preso a regredire a partire dal 2012. Dall’altro, vanno visti nel quadro della gestione dei tre mandati di governo del Fronte Ampio, il partito di centrosinistra andato al potere per la prima volta con le elezioni politiche del 2004.
Da questo punto di vista, da quella data in poi oltre alla crescita economica si è registrata l’implementazione di varie politiche innovative, come il notevole incremento del debito pubblico a fini sociali, l’attuazione di politiche sui trasferimenti bancari non contributivi, la formalizzazione dei rapporti di lavoro, la reintroduzione della contrattazione collettiva tra lavoratori e imprese, l’aumento del salario minimo e le riforme del sistema tributario e di quello della sanità pubblica.
Come conseguenza, la distribuzione del reddito è migliorata, il coefficiente di Gini è passato da 0,455 nel 2006 a 0,38 nel 2018 (INE, 2019) ed è diminuita la percentuale di popolazione che si trova al di sotto della soglia di povertà. Infatti la povertà in termini monetari (il mancato raggiungimento del reddito minimo giudicato sufficiente a coprire le necessità di base alimentari e non alimentari ), che nel 2006 colpiva il 32,5% della popolazione, è calata all’8,1% nel 2018 e nello stesso lasso di tempo il dato relativo all’indigenza assoluta (cioè il non raggiungimento del reddito minimo calcolato per coprire le necessità alimentari di base) è diminuito dal 2,5% allo 0,1% (INE, 2019).
Inoltre l’Uruguay è attualmente il paese con la migliore distribuzione del reddito di tutta la regione (CEPAL, 2019) e possiede la minore percentuale di individui al di sotto delle soglie di povertà e di indigenza assoluta, tra i paesi a reddito alto e medio-alto dell’America Latina (grafico 1).
Grafico 1 – Popolazione (%) che vive con meno di 3,1 dollari o con meno di 1,9 dollari al giorno. Paesi a reddito alto e medio dell’America Latina. Anno 2016 (2011 PPA).
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, tali successi nel campo economico e sociale non hanno avuto un analogo riscontro nel settore dell’istruzione. Anche se il paese ha sviluppato precocemente il suo sistema scolastico e già intorno alla metà del XX secolo si era riusciti ad alfabetizzare la grande maggioranza della popolazione e ad estendere a tutti l’istruzione primaria, da alcuni decenni i risultati in questo campo fanno registrare sintomi di ristagno, in particolare per quanto riguarda l’istruzione scolastica secondaria.
Vi sono vari indicatori che testimoniano l’esistenza di questo problema, come gli alti tassi di abbandono scolastico. Attualmente infatti soltanto il 39,2% dei giovani tra i 20 e i 24 anni riesce a terminare il ciclo della scuola secondaria inferiore, un dato nettamente più basso della media latinoamericana, anche rispetto a paesi che presentano livelli minori di sviluppo economico e dati più elevati per quanto riguarda povertà e indigenza assoluta (grafico 2), e che hanno sviluppato i loro sistemi di istruzione scolastica con maggiore ritardo.
Grafico 2. Percentuale di individui tra i 20 e i 24 anni che hanno completato il ciclo della scuola media. Anno 2017.
Se si analizza nel dettaglio chi sono coloro che riescono a terminare il ciclo secondario, risulta che solo il 15% dei giovani appartenenti al quantile 1 ci riesce (INEED 2017). Questo significa che meno di due su dieci tra i giovani poveri finiscono la scuola media, in un paese in cui le diseguaglianze economiche non sono estreme e il sistema scolastico è gratuito in ogni ordine e grado.
Questo evidenzia il forte peso che ha il contesto economico e sociale in cui vivono le famiglie degli studenti rispetto al loro percorso scolastico e alle probabilità di terminare il ciclo d’istruzione obbligatoria, e la scarsa capacità del sistema scolastico nel cercare di far diminuire tali diseguaglianze sociali.
A partire dalla metà del secolo scorso sono stati effettuati numerosi studi a livello nazionale, che hanno analizzato i problemi principali del sistema scolastico uruguaiano. Tra questi ultimi, l’esistenza di un programma di studi frammentato e molto centrato sulle singole materie, con caratteristiche di propedeuticità ed enciclopedismo, scarse connessioni col mondo del lavoro, seri problemi di articolazione tra i vari livelli didattici o estrema frammentazione del lavoro dei docenti tra vari centri scolastici. (INEED 2017).
A fronte di tale situazione, negli ultimi anni è stata estesa l’obbligatorietà dell’istruzione scolastica al livello primario e a tutto il livello secondario (passando da 9 a 14 anni complessivi di istruzione obbligatoria), è stata aumentata la percentuale di stanziamento del PIL per il settore (dal 3,2% del 2004 fino al 4,8% nel 2013) e sono stati attuati vari programmi di inclusione scolastica. Tuttavia non è stata implementata alcuna politica che affronti alle radici i principali problemi che affliggono il sistema, specialmente per il ciclo delle scuole medie.
Portare a buon fine dei mutamenti profondi nel campo dell’istruzione non è cosa facile. In questo settore i risultati si possono vedere solo sul lungo periodo, che non corrisponde alle tempistiche di tipo elettorale. Inoltre si tratta di riforme costose, che possono incontrare resistenze tra i sindacati o da parte della burocrazia del settore, e che per avere successo hanno bisogno del sostegno dei docenti.
E’ un dato ormai acquisito e indubbio che, a livello sociale, lo sviluppo del capitale umano costituisce un fattore fondamentale per il progresso economico di una nazione. Ciò fa ritenere che continuare ad avere una crescita che sia inclusiva nel lungo periodo sarà molto difficile, se nel breve periodo non si portano avanti politiche di carattere strutturale che affrontino la sfida di estendere a tutti l’istruzione secondaria.