America Latina Editoriali

Aree naturali protette e boom delle materie prime in America Latina

Figueroa Lucas

Nel 1992, le Nazioni Unite (ONU) hanno adottato la Convenzione sulla diversità biologica con l’obiettivo di proteggere gli ecosistemi minacciati dalle attività antropiche.

Attualmente, 196 Paesi hanno firmato la Convenzione e tutti, con la sola eccezione degli Stati Uniti, l’hanno ratificata. A loro volta, alla Conferenza delle Parti (nota come COP) del 2010 tenutasi nella città di Aichi (Giappone), i Paesi membri hanno stabilito una serie di obiettivi (chiamati gli Obiettivi di Aichi) per progredire con la protezione degli ecosistemi e della loro biodiversità. Tra questi, l’Obiettivo 11 è particolarmente rilevante, perché afferma che tutti i Paesi avrebbero dovuto proteggere il 17% della loro superficie terrestre e il 10% di quella marittima entro il 2020.

Tra i Paesi firmatari, spiccano per importanza quelli situati in America Latina, dato che questa regione concentra, tra le altre cose, il 60% della biodiversità mondiale (UNEP, 2012) e il 50% delle foreste primarie nel mondo (FAO, 2010). Tuttavia, dai primi anni Duemila, questa regione ha registrato un vero e proprio boom delle materie prime (commodities). Si è trattato di un processo durante il quale i prezzi internazionali delle materie prime sono aumentati in modo esponenziale, generando condizioni particolarmente vantaggiose per le economie dei Paesi produttori (Richardson 2009). Tuttavia, l’aumento dei prezzi delle commodities (minerali, idrocarburi, agroalimentari e forestali) ha avuti effetti avversi su diversi ecosistemi (tra cui le aree montuose, foreste e zone umide) che ne hanno minacciato la sostenibilità.

Gli effetti negativi sono stati diretti e indiretti. Da un lato, la perdita di servizi ecosistemici ha colpito le popolazioni che abitano proprio questi ecosistemi (cioè le comunità indigene), che si sono viste private di alcuni elementi indispensabili per la loro sopravvivenza (Vélez et al. 2020). D’altra parte, la distruzione e il degrado degli ecosistemi hanno contribuito  all’ulteriore espansione del cambiamento climatico.

In sintesi, gli sviluppi nella produzione di materie prime a seguito del boom delle commodities hanno rappresentato una sfida per il rispetto della Convenzione sulla diversità biologica, in generale, e dell’Obiettivo 11 di Aichi, in particolare. Pertanto, questo articolo mira a indagare lo stato d’avanzamento di questa Convenzione in America Latina, in un contesto a priori negativo per la protezione ambientale.

Questo lavoro è diviso in tre parti. Nella prima, si analizza il boom delle materie prime nei Paesi della regione. Nella seconda, si valuta lo stato di avanzamento del raggiungimento dell’Obiettivo 11 di Aichi, nel quadro della Convenzione sulla diversità biologica. Nella terza e ultima parte, si presentano alcune conclusioni sulla base dell’analisi effettuata.

Boom delle materie prime in America Latina

Nei primi anni Duemila, l’America Latina ha vissuto un boom delle materie prime, trainato in gran parte dall’entrata di Cina e India nel mercato mondiale.  All’epoca, i prezzi internazionali di varie materie prime (tra cui minerali, idrocarburi e agroalimentari) sono andati aumentando costantemente (Grafico 1). Come prevedibile, da quel momento in poi i Paesi dell’America Latina hanno cercato di sfruttare le opportunità economiche e, di conseguenza, hanno aumentato le esportazioni relative a questi prodotti (Grafico 2).

Nello stesso momento in cui questi Paesi aumentavano le loro entrate commerciali e gli investimenti, l’estrazione di risorse naturali si è intensificata, dando origine a processi di degrado ambientale che hanno avuto conseguenze sulla sostenibilità di diversi ecosistemi e la loro biodiversità (De Castro, Hogenboom e Baud 2016). A sua volta, questo processo ha avuto due effetti negativi. Il primo, come dimostrato da diversi lavori, ha portato a un aumento dei conflitti socio-ambientali, nel momento in cui le persone colpite hanno cercato di impedire l’avanzamento delle attività produttive (Martínez-Alier e Walter 2016; Figueroa 2022). Il secondo è stata la riduzione degli incentivi statali finalizzati al miglioramento degli standard istituzionali che avrebbero dovuto promuovere la protezione ambientale. Infatti, in alcuni casi (ad esempio il Brasile), i Paesi latinoamericani hanno ridotto gli standard ambientali per favorire l’espansione della frontiera produttiva (Medeiros e Gomes 2019).

Pertanto, l’aumento dei prezzi delle materie prime ha rappresentato un passaggio complesso per l’espansione delle istituzioni che cercano di promuovere la protezione ambientale. Considerando questo contesto, la sezione seguente analizza lo stato di avanzamento dell’Obiettivo 11 di Aichi nell’ambito della Convenzione sulla diversità biologica nei Paesi latinoamericani.

Variazioni nei livelli di attuazione della Convenzione sulla diversità biologica

Nonostante il contesto negativo a priori per la creazione di aree naturali protette, in termini generali i Paesi della regione hanno superato la soglia stabilita dall’Obiettivo 11 di Aichi, poiché il 22% della superficie terrestre (circa 4 milioni di km²)  è protetta (RedParques, 2018). Tuttavia, quando si disaggrega questa percentuale tra i Paesi della regione, si riscontrano importanti differenze. A questo proposito, il grafico 3 mostra la percentuale di superficie terrestre protetta, per Paese, per l’anno 2018.

Rispetto a questi dati, è possibile raggruppare i diversi paesi tra quelli che hanno superato l’Obiettivo 11 di Aichi (andando oltre il 20%), quelli che lo hanno raggiunto (tra il 17% e il 19%) e quelli che sono rimasti al di sotto degli standard stabiliti (pari al 17%). Il primo gruppo è composto da quasi il 50% dei Paesi (10 paesi): Venezuela (54%), Guyana francese (53%), Nicaragua (37%), Bolivia (31%), Costa Rica (25%), El Salvador (25%), Repubblica Dominicana (23%), Honduras (22%), Cile (20%) ed Ecuador (20%). Il secondo gruppo è composto da quattro Paesi: Panama (19%), Brasile (18%), Cuba (18%) e Perù (17%). L’ultimo gruppo è composto dai sette Paesi che non sono riusciti a raggiungere il minimo stabilito nell’Obiettivo 11 di Aichi: Colombia (16%), Suriname (15%), Messico (13%), Guyana (8%), Argentina (8%), Paraguay (6%) e Uruguay (1%).

Analisi e conclusioni

I dati consentono di analizzare almeno alcuni aspetti rilevanti. In primo luogo, il 70% dei Paesi analizzati sono andati oltre i livelli minimi fissati dall’Obiettivo 11 di Aichi, nell’ambito della Convenzione sulla diversità biologica. Questo è un fatto degno di nota, considerato il contesto regionale che ha assistito al boom delle materie prime. Tuttavia, sarebbe interessante studiare, per ciascun Paese, l’ubicazione delle aree protette, al fine di osservare se sono state collocate in luoghi che hanno ostacolato l’espansione della frontiera produttiva al fine di proteggere i diversi ecosistemi o, al contrario, se si trovano in zone di scarsa rilevanza ambientale. In quest’ultimo caso, si potrebbe concludere che i Paesi latinoamericani hanno aumentato la protezione ambientale al solo fine di rispettare l’agenda ambientale, ma senza di fatto ostacolare la produzione di commodities che generano entrate economiche di enorme importanza.

In secondo luogo, solo sette Paesi non hanno raggiunto l’obiettivo stabilito e di questi solo Argentina, Guyana, Paraguay e Uruguay non hanno raggiunto neanche il limite del 10% di superficie protetta. In questo contesto, sarebbe interessante analizzare per quali motivi in quei Paesi l’avanzata delle aree protette è bloccata. Ciò consentirebbe di individuare gli ostacoli strutturali, istituzionali, o del potere di alcuni attori, che impediscono l’espansione della protezione ambientale dei vari ecosistemi minacciati.

In sintesi, questo articolo ha cercato di indagare la portata dell’applicazione dell’Obiettivo 11 di Aichi, relativo alla Convenzione sulla diversità biologica, nel quadro di un contesto a priori negativo per l’espansione delle aree protette. È stato dimostrato che, nonostante questo scenario, la stragrande maggioranza dei Paesi in America Latina ha superato gli standard stabiliti, il che dimostra, almeno, che è possibile aumentare la protezione ambientale, anche in scenari conflittuali. Pertanto, nel rispetto di quanto stabilito dalle istituzioni internazionali che cercano di aumentare la protezione ambientale, ci si aspetterebbe che i Paesi latinoamericani continuino ad aumentare le loro aree protette e che quelli che non hanno raggiunto l’Obiettivo 11 di Aichi lo facciano a breve termine.

Foto Credits: Nao Iizuka Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0) attraverso Flickr