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Impatto della pandemia di Covid-19 sull’occupazione femminile in Iran

Heidari Soheila

La pandemia di Coronavirus ha rappresentato una minaccia per la salute pubblica su scala globale e fino ad oggi ha colpito milioni di persone in tutto il mondo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la pandemia ha causato più di 5,5 milioni di decessi, trasformandosi in una delle maggiori catastrofi umanitarie della storia recente. Peraltro, lo scoppio della malattia ha avuto effetti irreversibili sull’economia globale, tra cui il rallentamento economico, la chiusura delle industrie, l’interruzione delle catene di approvvigionamento e infine la perdita di molti posti di lavoro, in particolare tra le piccole e medie imprese.  Secondo Anu Madgavka, questi effetti sono stati ancora più intensi sulla posizione economica delle donne, dal momento che il lavoro femminile risulta essere 1,8 volte più vulnerabile a questa crisi di quello degli uomini. In particolare, nei Paesi in via di sviluppo l’enorme impatto del Covid ha colpito l’imprenditoria femminile, comprese le microimprese di proprietà di donne (Madgavkar, A. et.al, 2020).  Anche in Iran la già scarsa partecipazione femminile all’economia è stata pesantemente colpita.

Secondo l’ultimo rapporto del Centro di statistica dell’Iran, gli occupati nel paese all’inizio del 2021 erano 23.263.047, il che indica una diminuzione di 1.010.470 posti rispetto al 2020.  Oltre a ciò, è interessante notare che delle 1.010.470 persone che hanno perso il lavoro nell’ultimo anno, 347.618 erano uomini e 662.852 erano donne.  Ciò indica che il numero di donne che hanno perso il lavoro durante la pandemia è stato il doppio di quello degli uomini.  Secondo l’ultimo rapporto della Banca Mondiale nel 2021, le donne costituiscono il 18% della forza lavoro in Iran; ciò nonostante, proprio le donne sono state le più colpite dalla crisi causata dal Covid-19 (dati Organizzazione internazionale del lavoro).

Per comprendere meglio i motivi di questo diverso impatto, è necessario prima avere una visione completa delle tendenze che hanno caratterizzato il mercato del lavoro iraniano negli ultimi decenni. Il mercato del lavoro iraniano può essere diviso in tre periodi:

1) Il primo periodo è quello tra gli anni 1997-2005, durante il quale sia la partecipazione maschile che quella femminile alla forza lavoro sono aumentate significativamente, passando da 14,8 milioni a 20,6 milioni. Durante questo periodo, anche il tasso di partecipazione economica è aumentato dal 34% al 41%.

2) Nel secondo periodo, la situazione si è invertita.  Dal 2005 al 2013, il livello della  forza lavoro è rimasto costante, mentre la crescita economica è stata del 4,4%, la stessa del periodo precedente. Tuttavia, nello stesso arco di tempo si sono aggiunte circa sette milioni di persone alla popolazione in età lavorativa, una parte significativa delle quali è rimasta inattiva, preferendo invece perseguire un’istruzione superiore. Come già menzionato, in questo periodo il numero di occupati è rimasto stabile a circa 20,6 milioni.

3) Nel terzo periodo, tra il 2014 e la fine del 2019, prima dello scoppio della pandemia, il tasso di crescita è stato negativo, ma si sono aggiunte circa 600.000 persone al numero di occupati. Inoltre, la popolazione in età lavorativa è cresciuta di circa quattro milioni di unità, 3,5 milioni delle quali sono entrate nella popolazione economicamente attiva.

Il terzo periodo presenta alcune peculiarità che dovrebbero essere tenute a mente. In primo luogo, il 50% dei posti di lavoro creati in questo periodo apparteneva a donne. Ciò significa che le donne, che prima  rappresentavano solo il 18% della forza lavoro attiva, sono state in grado di stabilire il 50% dei nuovi posti di lavoro nel periodo successivo. Questo improvviso cambiamento in termini di genere in un mercato che era stato per lo più dominato dagli uomini, così come la differenza nella natura e nel tipo di posti di lavoro creati dalle donne, ha fatto sì che le politiche di sostegno alla popolazione attiva che si era appena aggiunta risultassero insufficienti. Inoltre, nel periodo precedente, la maggior parte della forza lavoro attiva era dipendente ed era sotto copertura assicurativa aziendale. Tuttavia, in questa terza fase l’attenzione della forza lavoro attiva, e delle donne in particolare, si è spostata verso la creazione di microimprese principalmente nel settore dei servizi che, come accennato in precedenza, mostrava una composizione differente da quella del mercato del lavoro iraniano. Un’altra caratteristica importante di questo periodo è stata l’ingresso di un gran numero di persone con istruzione superiore sul mercato del lavoro. Le statistiche mostrano che nel 2021 i laureati disoccupati rappresentavano circa il 39% rispetto al tasso di disoccupazione totale del Paese; tra questi, gli uomini rappresentavano il 26,4% e le donne il 71%. In altre parole, il 71% delle donne disoccupate era in possesso di un’istruzione superiore.

A prima vista, si potrebbe concludere che, in termini di lavoro, le donne iraniane abbiano perso il doppio rispetto agli uomini a seguito della pandemia, ma uno sguardo più attento al livello di partecipazione delle donne all’economia mostra un’altra situazione. Su 19.953.000 uomini occupati nel 2020, circa l’1,7% ha perso il lavoro nel 2021, mentre delle 4.320.000 donne in attività nel 2020, sono circa il 15,3% quelle che nel 2021 hanno perso il lavoro. Ciò significa che il rapporto tra donne e uomini che hanno perso il lavoro è di circa 9 a 1; di conseguenza, l’impatto economico della pandemia sulla forza lavoro femminile è stato ben più pesante.

La crisi del Covid-19 ha causato una perdita di posti di lavoro senza precedenti, e le donne sono state colpite più duramente.  Pertanto, è essenziale che tutti i Paesi, e in particolare quelli in via di sviluppo, mettano in atto un piano di ripresa che sia inclusivo e sostenibile e sia adattato al contesto nazionale, in modo da affrontare gli effetti specifici di genere già amplificati della pandemia.  Ciò dovrebbe includere anche: l’identificazione delle mancanze delle attuali politiche; il sostegno al contributo delle micro e piccole imprese create e gestite da donne; e, infine, la messa a punto di schemi di mantenimento del lavoro e resilienza, per ridurre al minimo le possibilità di perdita del lavoro femminile in caso di future pandemie.

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Foto Credits: sharghzadehAttribution-NonCommercial 2.0 Generic (CC BY-NC 2.0) attraverso Flickr