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I piccoli Stati insulari in via di sviluppo (SIDS) e l’innalzamento dei mari

Redazione - Miani Vanessa

Con piccoli Stati insulari in via di sviluppo (Small Island Developing States – SIDS) si fa riferimento a una serie di Paesi e Territori insulari situati nei Caraibi, nell’Oceano Pacifico, Atlantico, Indiano e nel Mar Cinese Meridionale, che condividono particolari caratteristiche e vulnerabilità sociali, economiche e ambientali. Tra queste figurano: popolazioni ridotte, risorse limitate, particolare vulnerabilità ai disastri naturali e al cambiamento climatico, oltre che ecosistemi estremamente fragili. La crescita e lo sviluppo dei SIDS sono ulteriormente ostacolati dagli elevati costi di trasporto, comunicazione e amministrativi legati alla loro posizione geografica. Viste le poche o assenti opportunità di creare economie di scala, questi Paesi dipendono fortemente dal commercio internazionale e sono particolarmente suscettibili a ogni tipo di shock esterno.

Il cambiamento climatico ha un impatto tangibile sui SIDS, particolarmente esposti ai disastri naturali che, stagionalmente, mettono a dura prova comunicazioni, infrastrutture energetiche e di trasporto, case, strutture sanitarie e scuole. Eventi a insorgenza lenta come l’innalzamento del livello del mare rappresentano una minaccia esistenziale per le comunità insulari e richiedono misure drastiche come il trasferimento delle popolazioni e le relative sfide che ciò comporta. Queste sfide sono aggravate da capacità istituzionali limitate, scarse risorse finanziarie e, come già accennato, un elevato grado di vulnerabilità agli shock esterni. Anche la biodiversità è una questione critica per il sostentamento di molti SIDS, visto che settori come quello turistico e della pesca possono costituire oltre la metà del PIL delle piccole economie insulari. Una ricca biodiversità non solo genera entrate, ma aiuta anche a prevenire l’insorgere di costi aggiuntivi che possono derivare da cambiamenti climatici, erosione del suolo, inquinamento, inondazioni, disastri naturali e altri fenomeni distruttivi.

In occasione della Conferenza sull’ambiente e sullo sviluppo delle Nazioni Unite, tenutasi nel 1992 a Rio de Janeiro, in Brasile, i SIDS furono riconosciuti come un caso speciale sia per le loro condizioni ambientali che di sviluppo alla Conferenza sull’ambiente e sullo sviluppo delle Nazioni Unite, tenutasi nel 1992 a Rio de Janeiro, in Brasile. Ad oggi, 38 SIDS fanno parte dell’ONU mentre altri 20 sono membri associati delle commissioni regionali delle Nazioni Unite. A livello regionale, i SIDS sono supportati anche da organizzazioni intergovernative, principalmente la Comunità Caraibica (CARICOM), il Forum delle Isole del Pacifico (PIF) e la Commissione dell’Oceano Indiano (IOC). Inoltre, 39 SIDS sono membri dell’Alleanza dei piccoli Stati insulari (AOSIS), strumento privilegiato di pressione e negoziazione all’interno della comunità internazionale.

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La COP26 è stata critica per i piccoli Stati insulari e, in generale, per gli Stati più vulnerabili, i più colpiti dagli effetti del cambiamento climatico ma con una capacità economica ridotta per affrontarne le conseguenze. Questi Paesi si sono appellati alle grandi potenze con l’obiettivo di incrementare gli aiuti finanziari per l’adattamento agli effetti del riscaldamento globale, spingendo sul fatto che sono loro, adesso, a fronteggiare le ripercussioni di ciò che hanno provocato le grandi potenze industriali nell’ultimo secolo. Con una grande autorità morale, ma con un peso politico minore rispetto a queste ultime, i piccoli Stati insulari hanno visto respinta la proposta sull’istituzione del Fondo sui danni e le perdite causati dagli eventi estremi legati ai cambiamenti climatici (il Fondo Loss and Damage), riuscendo però ad ottenere che rimanga aperto il dialogo in vista della prossima COP, in programma per il 2022 in Egitto.