Mondo Editoriali

L’innovazione dei dati e l’economia informale

Considerazioni sull’approccio per capacità

Samir Namira

Sebbene molti gruppi emarginati, tra cui donne e famiglie povere e a basso reddito, lavorino nell’economia informale (Adom, 2015), questi attori rimangono assenti dalle principali politiche pubbliche. Mentre i politici hanno compreso il ruolo dell’economia informale e la necessità di estendere la protezione sociale ai lavoratori informali (Surrender and Walker, 2013), la letteratura recente ha approfondito quanto la crescita economica sia una leva involontaria per stare dalla parte delle persone che dipendono dall’economia informale (Joshi, Prichard e Heady, 2014; Schneider e Klinglmair, 2004; Schneider, Buehn e Montenegro, 2010). Un esempio di tale missione è la crescente tendenza a documentare l’economia informale – che ha meno probabilità di apportare grandi benefici agli attori coinvolti, rispetto alle imprese dell’economia formale che ottengono un ritorno diretto dalla crescita economica. Pertanto, l’ipotesi un tempo prevalente secondo cui i dati sono tutto ciò che è necessario per portare uguaglianza nell’economia informale non è corretta.

Questo articolo mira ad indagare il ruolo dei dati sull’economia informale. Più specificamente, esaminando la recente innovazione dei dati, l’articolo critica la narrazione sulla crescita alla base della documentazione sull’economia informale, che ostacola il miglioramento delle condizioni di sostentamento degli attori informali. Questo articolo si basa sull’approccio per capacità (capability approach) sviluppato da Amartya Sen (vedi: Sen, 1994, 2001, 2004) e successivamente Martha Nussbaum (vedi: Nussbaum, 2003, 2011) per valutare l’uso attuale delle statistiche per misurare l’entità e la natura dell’economia informale, oltre a elaborare la maniera “ideale” di definire gli obiettivi per documentare l’economia informale attraverso l’innovazione dei dati.

Dati e economia informale

Lo sforzo di documentare l’economia informale risale al 1977, quando la Commissione statistica delle Nazioni Unite formò un gruppo internazionale di esperti sulle Statistiche del settore informale. Mentre le misurazioni statistiche continuano a subire revisioni, persiste però un problema: l’uso di stime poco chiare e frammentate. Alcune delle preoccupazioni espresse dall’UNECE (United Nations Economic Commission for Europe, 2008) riguardano l’utilizzo delle indagini sull’occupazione lavorativa per misurare anche quella nell’economia informale, l’affidabilità dei dati provenienti da fonti diverse e come misurare le attività illegali. Analogamente, WIEGO (Women in Informal Employment: Globalizing and Organizing, 2014) ha elencato diverse raccomandazioni nel tentativo di affrontare i punti deboli dei metodi statistici, esortando i paesi a raccogliere le informazioni statistiche sull’occupazione informale in agricoltura, dati precedentemente trascurati. Escludendo le variabili che catturano la variazione del lavoro e delle sue modalità nelle attività economiche nell’economia informale, le statistiche non riescono a raggiungere il giusto livello di accuratezza per produrre i risultati attesi per gli attori informali.

Inoltre, le statistiche non tengono ancora conto del benessere dei lavoratori e sono principalmente interessate al loro tipo di lavoro e al fatto che ricevano o meno protezione sociale. L’analisi e la valutazione dell’economia non documentata da parte dell’UNECE (2013), ad esempio, è incentrata sul contributo della NOE (Non Observed Economy) al PIL. Si presta poca o nessuna attenzione al modo in cui questa misurazione si traduce in una politica migliore per i lavoratori che svolgono professioni precarie nell’economia informale. Un’altra limitazione dell’attuale metodo di misurazione statistica è la sua incapacità di documentare la natura modificabile dell’occupazione nell’economia informale e la sua espansione o contrazione dimensionale. Questa limitazione mette sotto pressione i responsabili politici che semplicemente non riescono a tenere il passo dei cambiamenti, pur dovendo mettere in atto politiche che rispondano alla situazione esistente. La necessità di un insieme più olistico di dati contenente informazioni sulle condizioni di vita nel lavoro informale assume perciò carattere di particolare urgenza.

La recente novità denominata “big data” e il notevole volume di set di dati generati da varie fonti (Glanz, 2013) suscitano interesse per il ruolo che potrebbero avere nel plasmare lo sviluppo. Come nel caso di qualsiasi tipo di innovazione, quella nel campo dei dati apporta anche energia positiva ai progressi compiuti per affrontare le sfide nell’economia informale. Ci sono stati alcuni tentativi di studiare l’impatto dei big data o delle misurazioni statistiche sulle questioni socioeconomiche relative all’economia informale e alla letteratura sulla politica sociale. Nel suo studio sui big data e l’accesso al credito di individui a basso reddito in Cina, Kshetri (2016) dimostra come i big data aiutino gli istituti finanziari a decidere se prestare o meno il denaro a individui a basso reddito, fornendo informazioni più dettagliate sulla loro capacità di rimborsare il prestito. D’altra parte, vista la scarsità di letteratura sui big data e l’economia informale, è difficile stabilire se un cambiamento tecnologico nella raccolta e nella documentazione dei dati possa effettivamente migliorare la vita degli attori informali e, allo stesso tempo, il modo in cui la società percepisce l’economia informale. Invece di creare una connessione analitica tra l’innovazione dei dati e le questioni socioeconomiche, questo articolo cerca di rivedere la lente attraverso la quale i responsabili politici guardano all’innovazione dei dati nel contesto dell’economia informale.

Il dilemma della crescita

L’innovazione dei dati può essere utile per affrontare l’invisibilità degli attori informali e, allo stesso tempo, fornire un quadro più chiaro della loro vita reale. Tuttavia, spesso la crescita rimane il principale argomento analitico alla base dell’innovazione dei dati, anche quando si tratti di economia informale. In quanto tale, non vi è quasi alcun cambiamento nel modo in cui i responsabili politici valutano il significato dell’economia informale. Guardando indietro, l’“antica” definizione di economia informale come “attività economiche non registrate che contribuiscono direttamente al PIL del paese” (Feige, 1989, Brady e Feige, 1990; Schneider e Hofreither, 1986) è rappresentativa dell’orientamento passato dei responsabili politici, secondo il loro obiettivo di garantire la crescita attraverso l’economia informale, che rimane invariato.

Ciò che sembra essere in corso è un rinnovamento dei modi per raggiungere gli obiettivi economici senza prestare attenzione alle condizioni di vita degli attori informali. Contrariamente all’aspettativa dei developmentalist, le persone, specialmente quelle che vivono in povertà o a basso reddito ed esposte alla precarietà, sono viste come fonte di crescita e non come scopo dello sviluppo. La crescita può, in un certo senso, contribuire allo sviluppo. Ma, come sostengono Ranis, Stewart e Ramirez (2000), dipende da come vengono assegnate le risorse. Il problema è che, nel contesto del crescente interesse a documentare l’economia informale, la crescita di per sé non viene trattata come un mezzo per avvicinare la parità.

Nello stesso spirito, nella relazione dell’OIL (Organizzazione internazionale del lavoro, 2019), si è detto che “le politiche sociali e del lavoro sono in secondo piano nelle strategie nazionali di sviluppo” (pag. 78). Pur comprendendo che la tendenza a puntare alla crescita è sistematicamente legata allo status di “paese in via di sviluppo”, i loro responsabili politici dovrebbero riconoscere che impedisce l’alleviamento delle privazioni in varie forme (OIL, 2019). La domanda da porre in merito all’adozione dei big data per documentare l’economia informale non riguarda quindi se consenta o meno di far emergere l’economia non documentata, o il suo contributo al PIL, ma cosa può apportare alla vita reale degli attori informali.

Ripensare l’obiettivo finale dell’innovazione dei dati

La causa principale di questo problema apparentemente infinito è il modo in cui i responsabili politici vedono l’obiettivo finale di una politica o di un’innovazione. L’approccio per capacità introdotto per la prima volta da Amartya Sen esamina lo sviluppo da una prospettiva incentrata sull’uomo. Non si tratta di sapere se la crescita economica stia migliorando o se i big data rendano l’economia informale più visibile. Si tratta di valutare ciò che queste persone possono potenzialmente ricavare dalla loro visibilità. Robeyns (2017) criticando la visione stilizzata dello sviluppo, ha scritto:

“Quando facciamo domande normative, dovremmo chiedere alle persone cosa sono in grado di fare e come sono in grado di condurre le loro vite ” (Robeyns, 2017).

Quando parliamo di come le politiche o le innovazioni influenzano le persone, dovremmo iniziare a porre domande che sono particolarmente associate ai cambiamenti nella vita reale degli individui. Nel contesto dell’economia informale, è stata prestata molta attenzione all’aumento della loro visibilità, rendendoli noti al pubblico. Poiché l’economia informale si basa sulla nozione di invisibilità, da cui la definizione di economia sommersa (Frey e Schneider, 2000), l’obiettivo è sempre stato quello di ottenere maggiore visibilità. Questo obiettivo si sposa con l’opportunità di crescita acquisita rendendo gli attori informali visibili agli occhi dell’opinione pubblica.

Gli attori informali, sostiene Timoveyev (2012), devono sopportare una vita senza protezione sociale, pessime condizioni di lavoro, precarietà d’impiego e l’assenza di un contratto di lavoro. Dopo aver esaminato questi problemi, l’innovazione in questione dovrebbe quindi prendere in considerazione come alleviare questi problemi. Che alla fine ciò incida o meno positivamente sul PNL o sul PIL, non dovrebbe essere al centro dell’attenzione.

Per quanto riguarda il Rapporto sul futuro del lavoro, l’OIL (2019, 2020) raccomanda di aumentare gli investimenti in tre settori, vale a dire: i) le capacità delle persone, ii) le istituzioni del lavoro, iii) il lavoro dignitoso e sostenibile. Circa il rafforzamento delle capacità delle persone, l’OIL esorta a potenziare i sistemi di protezione sociale per i lavoratori in tutte le tipologie di lavoro. Allo stesso modo, per promuovere un lavoro dignitoso e sostenibile, l’OIL suggerisce di concentrarsi sull’economia informale in cui la maggior parte delle persone si trova in una posizione vulnerabile, sia in termini di reddito che di benessere.

Pertanto, l’autrice concorda in parte con la raccomandazione dell’OIL sul miglioramento delle capacità individuali al fine di proteggere le persone nell’economia informale. Tuttavia, un elemento mancante nella raccomandazione dell’OIL per il futuro del lavoro è “includere i responsabili politici nella proposta di aumentare gli investimenti sulle capacità delle persone”. Infatti, che la documentazione dell’economia informale contribuisca o meno a migliorare le capacità degli attori informali dipende dalla capacità dei responsabili politici di interpretare i dati e agire sulla base dei dati statistici. Ad esempio, i responsabili politici devono capire qual è la logica alla base della distinzione tra il settore agricolo e quello non agricolo nell’economia informale? Cosa dicono i dati quando c’è più economia informale nelle aree urbane che in quelle rurali? Come dovrebbe la politica rispondere in modo differenziato a queste situazioni, quando si riscontrino all’interno dello stesso paese o addirittura della stessa provincia? I big data non sono poi così potenti se le persone sono all’oscuro di ciò che dicono davvero i dati.

Di conseguenza, la tendenza a concentrarsi sull’obiettivo della crescita economica nei paesi in via di sviluppo con una economia informale molto diffusa può essere ripensata ancorandola a due aspetti, da non trascurare. In primo luogo, la mancata documentazione delle condizioni socioeconomiche delle persone che lavorano in questo settore. L’economia informale è il luogo di lavoro delle classi povere. Sapendo come questa economia prevalga alla base della piramide, le statistiche dovrebbero essere in grado di documentare le loro condizioni di vita e i cambiamenti nel corso del tempo. Il secondo fattore è la capacità dei governanti di trovare un equilibrio tra gli obiettivi di crescita e quelli di sviluppo e capire quando a questi ultimi dovrebbe essere data priorità. Mentre l’innovazione dei dati consente di documentare vari aspetti dell’economia informale e dei suoi attori, l’effettiva funzionalità di tale insieme di dati dipende dalla capacità dei responsabili politici di leggere, interpretare e riconoscere quali tra essi sono necessari per aiutare gli attori informali a condurre un migliore livello di vita.

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Foto Credits: © Jorge Royan / http://www.royan.com.ar – Kolkata Rickshaw by a street with smoke : Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0) via Wikimedia Commons