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In libreria – Energy Poverty and Access Challenges in Sub-Saharan Africa

Un volume di Victoria Ritah Nalule*

Redazione

L’energia è fondamentale per affrontare le principali sfide di oggi, a cominciare dai cambiamenti climatici, il degrado ambientale, la povertà e la fame. Per questa ragione i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs), adottati dalla comunità internazionale in seno alle Nazioni Unite nel 2015 come Agenda per il 2030, includono l’obiettivo 7 dedicato all’energia accessibile e pulita, oltre agli obiettivi 12 e 13, dedicati rispettivamente al consumo sostenibile e al clima.
L’energia è fondamentale, per il semplice fatto che i servizi sociali essenziali, come istruzione e sanità, dipendono dal suo uso al pari delle politiche agricole, oppure a quelle di industrializzazione e di sviluppo economico.

Il continente Africano rappresenta un paradosso in termini energetici: una straordinaria disponibilità di risorse energetiche convive con una popolazione numerosa e in crescita, un terzo della quale non ha accesso all’elettricità (percentuale questa che nel caso dei Paesi più poveri scende al 5%). Inoltre gran parte delle centrali elettriche di grandi dimensioni furono costruite negli anni Cinquanta e Sessanta e, dunque, le infrastrutture pongono oggi problemi di efficienza. Centinaia di milioni di africani non hanno accesso a forme moderne di energia, quali il gas naturale e liquefatto, e continuano a utilizzare fonti tradizionali altamente inquinanti come il cherosene e il carbone per cucinare e per illuminare le abitazioni.

La crescita demografica è un fattore importante per la sfida energetica del futuro in Africa. Si prevede che un miliardo di persone in Africa subsahariana avrà accesso all’energia nel 2040, ma oltre mezzo miliardo ne sarà privo. La domanda di energia in Africa è perciò destinata a crescere, spinta da una rapida urbanizzazione e dallo sviluppo economico, il che rende necessaria una transizione verso la cosiddetta economia low-carbon, compatibile con la sostenibilità ambientale, per raggiungere lo sviluppo sostenibile del continente. Economia low-carbon significa un sistema di produzione e consumi a basso contenuto di carbonio, ovvero in grado di ridurre significativamente le emissioni di diossido di carbonio in atmosfera, così da contrastare i fattori antropici che concorrono a determinare i cambiamenti climatici. Le economie low-carbon richiedono un mix bilanciato di soluzioni innovative, tra cui progetti di larga scala, generazione distribuita e interventi per fortificare la rete di trasmissione, soprattutto tramite il ricorso a fonti di energia rinnovabili e pulite, quelle più compatibili con l’obiettivo di un ambiente a sua volta pulito.

Un ambiente più pulito e allo stesso tempo condizioni di vita più sane per le persone che in Africa continuano a mettere a repentaglio la propria vita: nell’area di integrazione regionale in Africa australe, denominata Southern African Development Community (SADC), si stima che oltre 153 mila persone muoiano ogni anno a causa dell’ inquinamento domestico derivante dall’uso continuo di legna e carbone all’interno delle mura domestiche per cucinare e illuminare. La combustione di biomasse legnose è infatti responsabile di elevate emissioni di particolato atmosferico, quelle polveri sottili sospese in forma di aerosol che hanno effetti sull’ambiente (in particolare, la vegetazione) e sulla propagazione e l’assorbimento delle radiazioni solari, ma anche sulla salute, trattandosi di particelle con un elevato indice di tossicità e facilmente inalabili e respirabili.

Victoria Ritah Nalule  ha pubblicato nel 2019 un volume per i tipi della Palgrave intitolato “Energy Poverty and Access Challenges in Sub-Saharan Africa: The Role of Regionalism”.

Il volume si focalizza sul ruolo e le potenzialità delle organizzazioni regionali presenti in Africa subsahariana per promuovere una transizione energetica su larga scala in Africa a favore delle energie rinnovabili. A tal fine l’autrice passa in rassegna le principali iniziative presenti nel continente per promuovere il diritto all’accesso all’energia pulita per tutti, obiettivo che le Nazioni Unite, insieme a Banca mondiale e l’organizzazione SE4ALL (Sustainable Energy for All), vogliono raggiungere entro il 2030, riducendo appunto l’uso di combustibili altamente inquinanti.

Nel far ciò l’autrice ripete più volte che l’accesso all’energia pulita è strettamente collegato alle grandi sfide globali dello sviluppo sostenibile e dei cambiamenti climatici. Il collegamento tra accesso all’energia pulita, cambiamenti climatici ed energia rinnovabile va cercato anzitutto nella necessità di produrre energia pulita da fonti rinnovabili per ridurre le emissioni di diossido di carbonio in atmosfera (l’obiettivo dell’accordo di Parigi del 2015, volto a contenere l’aumento della temperatura media del pianeta tra 1,5 e 2°C entro il 2100), ma anche per aumentare l’offerta di energia in Africa subsahariana.

Si tratta, cioè, di un ambito in cui si concretizza in modo immediato il principio secondo cui lo sviluppo economico e sociale non può essere disgiunto dalla sostenibilità ambientale. Non ci sono possibilità concrete di combattere la povertà se non prestando molta attenzione alla necessità di garantire la piena tutela dell’ecosistema e dei suoi delicati equilibri. La pressione antropica, legata all’aumento demografico, diventerà insostenibile per il pianeta e, nel caso specifico, per l’Africa sub-sahariana, se non prevarrà la priorità di un modello di produzione, distribuzione e consumo energetico fondato sulle fonti rinnovabili, sulla tutela delle coste e degli oceani, su di una migliore gestione delle foreste e su una pratica di riforestazione basata sul principio che il rimboschimento non va considerato né culturalmente né economicamente in competizione con l’agricoltura.

L’autrice sottolinea che i Paesi dell’Africa subsahariana, pur essendo per molti versi tra loro diversi, hanno una sfida energetica comune che richiede una capacità di mettere in campo sforzi comuni, attraverso la cooperazione regionale, in termini di infrastrutture energetiche e regolamentazioni regionali sull’energia.

I capitoli del volume approfondiscono il tema dell’accesso all’energia e la povertà energetica, quello del regionalismo africano in campo energetico e le forme di cooperazione regionale nel settore dell’energia rinnovabile, la cooperazione regionale per la creazione di infrastrutture energetiche comuni e per la promozione di un’armonizzazione regionale in materia di regolamentazione sull’energia. Il capitolo conclusivo presenta alcune raccomandazioni indirizzate ai decisori politici per attuare alcune indicazioni emerse nel volume.

L’uso delle risorse naturali disponibili dovrà essere coniugato con il rispetto della natura in tutti i suoi aspetti, a cominciare dalle alternative ai combustibili fossili, per promuovere lo sviluppo sostenibile. Ciò che giustifica lo studio presentato nel volume è, nelle parole conclusive della stessa autrice, la constatazione che i problemi dell’accesso all’energia in Africa subsahariana stiano aumentando nonostante le numerose iniziative promosse sul tema a livello regionale e globale. Non si tratta, dunque, di abbandonare o rinnegare l’approccio regionalista e globale per affrontare la sfida dell’energia in Africa, in nome di alternative nazionalistiche che sarebbero dannose, inefficaci e insostenibili, perché l’ambiente è un bene pubblico sovranazionale. Tuttavia, ci sono ampi spazi per rendere molto più efficaci le iniziative regionali e proporre strategie più percorribili, così come è necessario e urgente fare nel caso dell’Africa.