Nigeria Opinioni

Dinamiche tra popolazione giovanile e migrazione in Nigeria

Adepoju Aderanti

La Nigeria, con una popolazione stimata nel 2017 in oltre 180 milioni di individui, rappresenta il gigante demografico ed economico del continente africano. Più della metà dei nigeriani ha meno di 35 anni, e il 35% di loro ha tra i 15 e i 30 anni d’età. Nonostante le enormi risorse materiali e umane, molti nigeriani ritengono che la situazione del paese fosse migliore al tempo della proclamazione dell’indipendenza, nel 1960, di quanto sia oggi. E’ proprio la sensazione che il futuro non potrà che essere fosco ad alimentare il disperato coraggio di coloro che cercano all’estero una vita migliore, indipendentemente dal loro livello d’istruzione e dal loro sesso.

La Nigeria è una nazione che comprende un’ampia varietà di fenomeni migratori, inclusi i movimenti transfrontalieri, la migrazione di lavoratori a contratto, di mano d’opera non qualificata  o di specialisti e professionisti, i flussi migratori irregolari e il traffico di esseri umani. E’ anche diventata punto di partenza, di transito o di destinazione per tutte queste tipologie di migranti. La migrazione dei nigeriani è fondamentalmente interregionale, all’interno della comunità dei paesi dell’ECOWAS (The Economic Community of West African States), ed è ampiamente facilitata dal protocollo sulla libertà di movimento delle persone. La Nigeria inoltre ospita un gran numero di cittadini dei paesi dell’ECOWAS o provenienti da altre zone dell’Africa.

Verso la metà degli anni Ottanta è iniziato un piccolo flusso migratorio, destinato a diventare poi molto più consistente, di lavoratori nigeriani qualificati diretti verso Europa, America, Canada, Australia e Asia. I lavoratori meno qualificati sono emigrati come manodopera edile e come addetti a quei lavori non qualificati definiti “3 D”(Dirty, Dangerous and Demeaning- sporco, pericoloso e degradante), disprezzati dai locali. Molti di loro viaggiavano in situazioni irregolari e senza i documenti richiesti. A partire dagli anni Novanta, un numero rilevante di donne, sposate o nubili, sono emigrate per proprio conto in cerca di lavoro, verso le città o i paesi stranieri industrializzati.

I principali paesi di destinazione al di fuori del continente sono Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Francia, Italia e Irlanda. In Africa, i paesi di destinazione più frequenti comprendono il Sudafrica, alcune nazioni dell’Africa occidentale, Sudan, Camerun e Gabon.

Anche la Libia rappresentava una meta importante,  come destinazione finale, o come punto di transito per i migranti nigeriani diretti in Europa. Ma con il collasso del regime di Gheddafi, molti di loro si sono trovati abbandonati e sono stati catturati e deportati. Nel 2017, ogni mese circa 155 persone sono state rimpatriate con voli speciali dall’IOM (International Organization for Migration) e riportate da dove erano partite. Molti sono stati uccisi, mutilati o spogliati dei loro averi. Molti altri languiscono in carceri o in situazioni simili alla schiavitù.

Altri ancora, che hanno affrontato pericolosi viaggi in mare su fragili imbarcazioni, hanno fatto naufragio e sono morti, specialmente nel periodo più tragico, tra il 2014 e il 2015. In quel periodo, su una cifra complessiva stimata in circa 1,2 milioni di migranti e richiedenti asilo, circa 4.000 nigeriani sono morti per disidratazione attraversando il Sahara, o in naufragi nel Mediterraneo.  Secondo stime di fonte UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees), più di 37.000 nigeriani sono giunti in Italia via mare attraverso il Mediterraneo nel corso del 2016, una cifra pari al 31%  circa degli arrivi totali.

Le principali cause di migrazione sono la pressione demografica, l’instabilità politica, la cattiva amministrazione, lo scarso sviluppo economico e gli alti livelli di povertà. La disoccupazione è la spinta maggiore a emigrare, e riguarda in modo particolare i giovani – sia maschi che femmine – delle aree urbane. Inizialmente diffusa in particolare tra chi abbandonava le scuole secondarie, la disoccupazione ha gradualmente finito per estendersi anche tra i laureati.

La sottoccupazione, specialmente nel settore dell’economia sommersa, e la mancanza di qualificazione tra i giovani in cerca di lavoro rappresentano anche il riflesso del deterioramento del settore dell’istruzione, che soffre di carenza di strutture e attrezzature moderne e di mancanza di motivazione tra gli insegnanti. Gli scioperi sono frequenti, le chiusure di scuole dilagano, e col tempo la qualità della preparazione degli studenti è andata peggiorando. I giovani sono accomunati dalla percezione di un futuro cupo e pieno d’incertezza. Gli studenti hanno cominciato a cercare di entrare in università e istituti di studi superiori in altre zone dell’Africa o nei paesi occidentali, anche per migliorare le loro possibilità sul mercato del lavoro. In seguito, questi studenti emigrati rimangono nei paesi di destinazione o vi trovano impiego, privando così la Nigeria delle loro capacità e del loro sapere.

Vi è un deterioramento delle infrastrutture, in particolare un deficit di energia elettrica che ha costretto molti impianti industriali a operare a livelli ridotti e non sostenibili, e causato la chiusura o il trasferimento in paesi limitrofi di molte aziende, in particolare nel settore tessile, poiché si trovavano costrette a ingenti spese per avere elettricità, acqua e le strutture di sicurezza necessarie. La mancanza di sicurezza nel Nordest e nella regione del delta del Niger ha spaventato gli investitori e ha provocato una contrazione delle attività che generano posti di lavoro.

By Enoma Sunday [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], from Wikimedia Commons

Internet ha facilitato le comunicazioni, ma ha anche facilitato un flusso di informazioni esagerate o false sulle condizioni di vita all’estero; e in questo modo molti giovani vengono influenzati in modo sbagliato dai loro stessi coetanei. In genere i giovani fanno affidamento sulle informazioni che provengono da altri giovani come loro, ma i contenuti di queste informazioni tendono a essere distorti e a portare a conclusioni errate.

La limitata capacità del mercato del lavoro nazionale di assorbire le schiere annuali di chi cerca lavoro trasforma i giovani in potenziali emigranti. L’attuale tasso di disoccupazione tra diplomati e laureati è del 30 per cento o anche maggiore, e questo è un segnale di crisi migratoria. Le difficili condizioni economiche, e in particolare la mancanza di opportunità di conquistare un livello di vita accettabile hanno alimentato l’emigrazione di giovani istruiti e il loro disperato tentativo di raggiungere i paesi dell’Unione europea.

Molti migranti fuggono dalla povertà delle zone rurali verso le città, nella speranza di trovare un’occupazione. Ma molti di loro scoprono, di fronte alla situazione di disoccupazione delle aree urbane, di aver solo trasferito la propria miseria e disperazione nelle città – da cui talvolta intraprendono pericolose avventure per cercare di raggiungere i paesi europei. Spesso tuttavia i costi sostenuti, i sacrifici personali, i rischi del viaggio e l’incertezza della vita in paesi stranieri, anziché migliorare le loro condizioni di vita possono dare luogo a maggiore povertà e insicurezza.

Con l’acuirsi della disoccupazione giovanile, il peggioramento della situazione sociale, politica ed economica e l’aumento della povertà, presi dalla disperazione molti giovani accettano il rischio di cercare di raggiungere i paesi ricchi affidandosi a trafficanti e agenzie fittizie, inseguendo l’illusione di terre promesse.

I giovani si trovano di fronte a quattro opzioni, nessuna delle quali facile: acquisire un elevato livello d’istruzione, cui però molti di loro non possono accedere; tornare al non certo attraente mondo dell’agricoltura rurale; imparare un mestiere e lavorare autonomamente, oppure emigrare. Quest’ultima è stata la scelta di molti giovani, anche se le opportunità di emigrare in modo regolare nei paesi industrializzati sono state drasticamente ridotte, in quelle nazioni, da severi regolamenti su permessi d’entrata e immigrazione, dalla crisi economica, dall’opposizione dell’opinione pubblica e dalla xenofobia verso gli immigrati.

Molti giovani che scelgono la strada della migrazione irregolare si trovano a fronteggiare molteplici rischi, tra cui l’arresto e la deportazione con modalità disumane, l’umiliazione del rientro, la vita in condizioni simili alla schiavitù, oltre ovviamente al pericolo più grande, quello di morire in mare sulle rotte del Mediterraneo. Risorse che in altre circostanze avrebbero potuto essere investite in piccole o medie imprese, per creare attività autonome e avere una vita accettabile, sono state invece usate per organizzare queste fallimentari migrazioni.

Il traffico di minori, destinati principalmente al lavoro dei campi o a quello domestico, è un fenomeno abituale sia entro che oltre le frontiere del paese, così come lo è il traffico di donne e giovani a scopo di sfruttamento sessuale, principalmente diretto al di fuori della regione. I mezzi di comunicazione sono pieni di notizie su traffici di ragazze nigeriane diretti verso l’Europa meridionale, in particolare verso l’Italia, effettuati con l’esca di promesse di una vita migliore, di lavoro, matrimonio e istruzione.

Nonostante gli sforzi della NAPTIP (National Agency for the Prohibition of Trafficking in Persons)  volti ad arrestare, imprigionare e processare i colpevoli del traffico di esseri umani in Nigeria, questa piaga continua a imperversare e le sue mete di destinazione si sono maggiormente diversificate. Nel 2014 e 2015, il governo della Nigeria ha elaborato e implementato prima la Labour  Migration Policy e poi la National Policy on Migration, per affrontare numerosi problemi relativi al fenomeno migratorio – emigrazione di professionisti, migrazione femminile, migrazione irregolare, traffico di esseri umani, migrazione di ritorno, gestione dei dati sulla migrazione, e così via.  La sfida da affrontare resta comunque immane.