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La discriminazione di genere: presenza delle donne nei parlamenti e governi nazionali (2016)

Redazione

Le misure dell’uguaglianza di genere sono molteplici. Non è possibile utilizzare un solo dato per rappresentare le tante forme di discriminazione ai danni delle donne in famiglia, nel mondo del lavoro e dell’economia, nella vita politica e istituzionale, nel mondo della cultura.
Si tratta di dimensioni che concorrono a determinare un complessivo e variegato controllo maschile del potere, nella sue diverse articolazioni.
Una prima variabile utilizzata per indicare la situazione di discriminazione ai danni delle donne negli spazi di potere è quella relativa alla quota di donne sul totale dei parlamentari, tenendo conto anche del numero di ministre presenti nei diversi governi nazionali.
Su scala mondiale, a inizio 2017, i dati dell’Inter-Parliamentary Union indicano che il tasso di partecipazione femminile nei parlamenti nazionali era del 23,3%, cioè meno di uno su quattro parlamentari.
Come regione la Scandinavia è un modello di riferimento per le trasformazioni necessarie. Tuttavia, a livello di singoli paesi, oltre ai paesi del Nord Europa (come Svezia, Danimarca, Norvegia e Finlandia) e al Canada in Nord America, si trovano in ottima posizione (cioè con almeno il 40% dei parlamentari) anche alcuni paesi africani (come Ruanda, Senegal e Sudafrica) e latinoamericani (come Bolivia, Cuba, Ecuador, Nicaragua e Messico). L’Asia è il continente, invece, che si distingue per l’assenza di un avanzamento significativo delle donne nei parlamenti e governi nazionali.